CAITLIN JOHNSTONE - 15 MOTIVI PER CUI I DIPENDENTI DEI MASS MEDIA SI COMPORTANO DA PROPAGANDISTI
Caitlin Johnstone riflette sui meccanismi della propaganda atttraverso i mass media
INDICE
15 motivi per cui i dipendenti dei mass media si comportano da propagandisti
2. Se credeste in qualcosa di diverso, non sareste seduti dove siete seduti
3. I giornalisti imparano il pensiero comune pro-establishment anche senza che nessuno glielo dica
5. I dipendenti dei mass media che si spingono troppo oltre vengono licenziati
6. I dipendenti dei mass media che seguono la linea imperiale vedono avanzare la loro carriera
7. Con i media pubblici e finanziati dallo Stato, l'influenza è più evidente
9. Ricevere "scoop" da parte di agenzie governative che cercano di promuovere i loro interessi
11. Think Tanks
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Chi è Caitlin Johnstone?
Caitlin Johnstone è una scrittrice, poetessa, pittrice e attivista politica libertaria di sinistra australiana, che scrive quotidianamente di politica, in particolare contro l’imperialismo americano, contro la censura e la propaganda occidentali e in difesa di Assange.
Tra tutte le persone che seguo, Caitlin è una delle più interessanti, perché non è solo capace di scrivere in modo trasparente, chiaro ed efficace, ma anche in un modo che ispira e motiva il lettore.
Non sono sempre d’accordo con ogni cosa che scrive, soprattutto perché Caitlin è dichiaratamente anticapitalista e sostenitrice di Bernie Sanders, mentre io sono estremamente per il libero mercato, e lontano dalle idee di Sanders, ma la ammiro e credo faccia per molti versi un ottimo lavoro.
Con il che in più si dimostra un punto che per me è importante: alla fine si possono avere con la stessa persona punti di grande vicinanza e di grande lontananza, si possono trovare interessanti idee che non si condividono e ammirevoli persone con cui non si è d’accordo.
“Il mondo al contrario” si occupa di informazione e libertà di espressione, lotta alla disinformazione e censura, e credo che Caitlin abbia molto da dire su questo.
Con le proprie parole descrive così ciò che fa:
Quando mi viene chiesto di descrivere questo progetto, dico spesso "scrivo della fine delle illusioni", perché dal mio punto di vista tutti i principali problemi che la nostra specie si trova ad affrontare oggi nascono da una percezione errata di ciò che sta realmente accadendo. A livello collettivo il comportamento umano è guidato dalla propaganda e dai sistemi per cui essa produce consenso, mentre a livello individuale siamo guidati dall'illusione dell'ego. Dal mio punto di vista, si tratta solo di illusione, per cui mi capita spesso di discutere delle manifestazioni su larga e piccola scala dell'illusione senza separarle troppo; per questo motivo vedrete commenti sulle manipolazioni dei mass media mescolati a quelle che sembrano osservazioni spirituali o filosofiche, spesso nello stesso saggio. Per me si tratta di un unico problema.
Vedo le illusioni come l'unico ostacolo alla creazione di un mondo sano, che a mio avviso si presenterebbe come uno spostamento dai modelli basati sulla competizione del capitalismo, del militarismo, dell'imperialismo e della dominazione a modelli basati sulla collaborazione, in cui tutti gli esseri umani lavorano in cooperazione tra loro e con il nostro ecosistema per il bene comune di tutti gli esseri. Le uniche cose che impediscono questo movimento sono le illusioni su larga scala che i nostri governanti ci hanno indottrinato a credere reali fin dalla nascita su ciò che è reale e ciò che è possibile, così come le illusioni su piccola scala dell'ego e della separazione che ci tengono schiavi della paura, dell'avidità e della reattività inconscia.
La prospettiva di un risveglio su larga scala della coscienza umana e di una trasformazione radicale del modo in cui gli esseri umani si comportano su questo pianeta può sembrare elevata e irrealizzabile, ma per come la vedo io la nostra specie si è intrappolata in una situazione in cui o questo accadrà o faremo la fine dei dinosauri. Ogni specie alla fine arriva a un punto in cui o si adatta alle situazioni che cambiano o si estingue, e mentre acceleriamo verso la guerra nucleare e la distruzione della nostra biosfera, mi sembra giusto dire che quel momento cruciale è arrivato per l'homo sapiens.
Nella mia analisi mi sono concentrata molto sul governo degli Stati Uniti e sul gruppo internazionale di alleati, partner e beni strutturato attorno ad esso, simile a un impero, non perché sia l'unico male del mondo, ma perché in questo momento storico è la forza trainante della maggior parte dei problemi dell'umanità. L'impero centralizzato degli Stati Uniti sta aumentando le aggressioni contro la Russia e la Cina contemporaneamente e sta lavorando per distruggere qualsiasi nazione che resista ai suoi obiettivi di conquista globale, il tutto mentre usa la sua potenza militare ed economica e la più potente macchina di propaganda mai concepita per costringere l'umanità a muoversi in modi che non sono utili alla gente comune.
Poiché la macchina della propaganda statunitense è così immensamente potente, le mie forti critiche all'imperialismo sono spesso accolte con shock e sospetto dalle molte persone che sono state indottrinate da essa. Il vetriolo online è il mio costante compagno, e sono stata accusata di essere un agente segreto per ogni nazione del mondo colpita dagli Stati Uniti. Credo che valga la pena ricordare che non ho mai lavorato né sono stata pagata da alcun governo; alcuni pensano che io abbia scritto per RT, ma in realtà RT è solo uno dei tanti organi di informazione che occasionalmente hanno scelto di ripubblicare il mio lavoro come parte del mio invito aperto da tempo a chiunque voglia usare il mio lavoro gratuitamente.
I miei finanziamenti provengono interamente da persone che leggono e apprezzano il mio lavoro. In realtà ho un sistema molto interessante per guadagnarmi da vivere facendo quello che faccio: tutto il sostegno finanziario che ricevo proviene in modo totalmente incondizionato dalla buona volontà dei miei lettori. Poiché tutto ciò che scrivo è disponibile gratuitamente (anche i miei libri sono disponibili in versioni PDF a offerta libera e sono costituiti interamente da materiale liberamente disponibile online), i lettori non acquistano nulla da me né si aspettano di ricevere qualcosa in cambio del loro dono; sostengono il mio lavoro solo perché è ciò che vogliono fare.
15 motivi per cui i dipendenti dei mass media si comportano da propagandisti
Se si osservano i media occidentali con occhio critico, si nota come i loro resoconti si allineino costantemente agli interessi dell'impero centralizzato statunitense, quasi nello stesso modo in cui ci si aspetterebbe che facessero se fossero organi di propaganda gestiti dal governo.
Il New York Times ha sostenuto in modo affidabile ogni guerra condotta dagli Stati Uniti. I mass media occidentali si concentrano in modo preponderante sulle proteste estere contro i governi che non piacciono agli Stati Uniti, mentre prestano molta meno attenzione alle proteste diffuse contro i governi allineati agli Stati Uniti. L'unica volta che Trump è stato universalmente lodato dai mass media è stato quando ha bombardato la Siria, mentre l'unica volta che Biden è stato universalmente criticato dai mass media è stato quando si è ritirato dall'Afghanistan. I media statunitensi hanno fatto un così buon lavoro nel coniugare in modo ingannevole Saddam Hussein con gli attentati dell'11 settembre nella mente del pubblico prima dell'invasione dell'Iraq che sette americani su dieci credevano ancora che fosse collegato all'11 settembre mesi dopo l'inizio della guerra.
Che questa estrema parzialità si verifichi è evidente e indiscutibile per chiunque presti attenzione, ma il perché e il come si verifichi è più difficile da vedere. L'uniformità è così completa e coerente che, quando si iniziano a notare questi schemi, è comune pensare che i media debbano essere controllati da una piccola autorità centralizzata, proprio come i media di Stato dei governi più apertamente autoritari. Ma se si scava davvero nelle ragioni per cui i media agiscono nel modo in cui agiscono, non è questo che si scopre.
Si tratta invece di una rete di fattori molto più ampia e meno centralizzata che fa pendere la bilancia della copertura mediatica a vantaggio dell'impero statunitense e delle forze che ne traggono vantaggio. Alcuni di questi fattori sono di natura cospirativa e avvengono in segreto, ma la maggior parte di essi è essenzialmente alla luce del sole.
Ecco 15 di essi.
1. La proprietà dei media
Il punto più evidente dell'influenza dei mezzi di comunicazione di massa è il fatto che tali organi tendono a essere posseduti e controllati da plutocrati la cui ricchezza e il cui potere si fondano sullo status quo di cui beneficiano. Jeff Bezos è il proprietario del Washington Post, che ha acquistato nel 2013 dalla famiglia Graham, anch'essa estremamente ricca. Il New York Times è gestito dalla stessa famiglia da oltre un secolo. Rupert Murdoch possiede un vasto impero mediatico internazionale il cui successo è in gran parte dovuto alle agenzie governative statunitensi con cui è strettamente intrecciato. La proprietà dei media è stata storicamente un investimento in grado di generare immense ricchezze, "è come avere la licenza di stampare i propri soldi", disse una volta il magnate canadese della televisione Roy Thomson.
Questo significa che i ricchi proprietari dei media controllano i loro dipendenti e dicono loro cosa raccontare giorno per giorno? No, ma significa che controllano chi gestirà la testata che gli appartiene, e quindi chi assumerà i dirigenti e i redattori, che sono poi quelli che controllano le assunzioni di tutti gli altri dipendenti. Rupert Murdoch non si è mai presentato in redazione per annunciare i punti da trattare e la propaganda di guerra del giorno, ma se sei un anti-imperialista che brucia le bandiere, hai zero possibilità di ottenere un lavoro nei media di Murdoch.
Il che ci porta a un altro punto collegato..
2. "Se credeste in qualcosa di diverso, non sareste seduti dove siete seduti".
In una controversa discussione del 1996 tra Noam Chomsky e il giornalista britannico Andrew Marr, Chomsky ha deriso la falsa immagine che i giornalisti tradizionali hanno di sé stessi come una "professione di guerrieri crociati", "controcorrente" e "in opposizione al potere", dicendo che è quasi impossibile per un buon giornalista essere così e fare queste cose in modo significativo all’interno dei mass media del mondo occidentale.
"Come fa a sapere che mi sto autocensurando?". Marr obiettò. "Come può sapere che i giornalisti sono...".
"Non sto dicendo che ti stai autocensurando", ha risposto Chomsky. "Sono sicuro che tu creda a tutto quello che dici. Ma quello che sto dicendo è che se credessi in qualcosa di diverso, non saresti seduto dove sei seduto".
In un saggio del 1997, Chomsky ha aggiunto che "il punto è che non sarebbero lì se non avessero già dimostrato che nessuno deve dire loro cosa scrivere perché diranno comunque la cosa giusta".
3. I giornalisti imparano il pensiero comune pro-establishment anche senza che nessuno glielo dica
Questo effetto "non saresti seduto dove sei seduto" non è solo una teoria personale di Chomsky; i giornalisti che hanno trascorso del tempo nei mass media hanno riconosciuto pubblicamente che questo è il caso negli ultimi anni, dicendo che hanno imparato molto rapidamente quali tipi di output aiutino e quali ostacolino l’avanzamento di carriera senza bisogno di essere informati esplicitamente.
Durante la sua seconda corsa alle primarie presidenziali del 2019, il senatore Bernie Sanders ha fatto infuriare i mass media con alcuni commenti in cui accusava il Washington Post di aver pubblicato notizie di parte contro di lui. L'affermazione di Sanders era del tutto corretta: durante il momento più caldo e combattuto delle primarie presidenziali del 2016, Fairness and Accuracy In Reporting aveva notato che il Washington Post aveva pubblicato non meno di sedici articoli diretti contro Sanders nell'arco di sedici ore. La segnalazione di Sanders di questo fatto palesemente ovvio scatenò una polemica emotiva sulla parzialità dei media che ha prodotto alcune testimonianze di qualità da parte di persone informate.
Tra questi, l'ex reporter della MSNBC Krystal Ball e l'ex corrispondente del Daily Caller alla Casa Bianca Saagar Enjeti, che hanno spiegato le sottili pressioni per aderire a un'ortodossia di gruppo che hanno sperimentato in un segmento del programma online Rising di The Hill.
"Ci sono alcune pressioni per rimanere in buoni rapporti con l'establishment, per mantenere quell'accesso che è la linfa vitale del giornalismo politico", ha detto Ball nel segmento. "Cosa intendo dire? Permettetemi di fare un esempio della mia carriera, dato che tutto quello che sto dicendo qui si applica francamente anche a me. All'inizio del 2015 alla MSNBC ho fatto un monologo, che alcuni di voi avranno visto, in cui imploravo Hillary Clinton di non candidarsi. Dissi che i suoi legami elitari non erano al passo con il partito e con il Paese, che se si fosse candidata alle primarie sarebbe poi stata probabilmente lei la candidata del partito Democratico e avrebbe perso. Nessuno mi ha censurato, mi è stato permesso di dirlo, ma in seguito i Clinton hanno chiamato e si sono lamentati con i vertici della MSNBC, minacciando di non fornire alcun accesso alla rete durante l'imminente campagna. Mi è stato detto che potevo ancora dire quello che volevo, ma che avrei dovuto far autorizzare qualsiasi commento relativo alla Clinton dal presidente del network. Essendo un essere umano interessato a mantenere il mio lavoro, sono certo di aver fatto meno commenti critici nei confronti della Clinton di quanto avrei fatto altrimenti".
"È una cosa che molte persone non capiscono", ha detto Enjeti. "Non è detto che qualcuno ti dica come coprire una certa notizia, è che se tu la coprissi in quel certo modo, non saresti assunto in quell'istituzione. Quindi è come se non rientrassi in questo quadro, il sistema è progettato per non darti voce. E se lo facessi per forza, tutte le strutture di incentivazione che ruotano attorno alla tua retribuzione, alla tua promozione, ai tuoi colleghi che ti danno pacche sulle spalle, scomparirebbero. Si tratta quindi di un sistema di rinforzo, che fa sì che non si intraprenda questa strada".
"Esatto, e anche in questo caso non è necessariamente intenzionale", ha aggiunto Ball. "È che queste sono le persone di cui sei circondato, quindi si crea un pensiero di gruppo. E si è consapevoli di ciò per cui si verrà premiati e di ciò per cui si verrà puniti, o non premiati, e questo pesa sicuramente nella mente, che lo si voglia o no, è una realtà".
Durante la stessa polemica, l'ex produttore di MSNBC Jeff Cohen ha pubblicato un articolo su Salon intitolato "Memo to mainstream journalists: basta con l'indignazione fasulla; Bernie ha ragione sui pregiudizi", in cui descriveva la stessa esperienza di "pensiero di gruppo":
"Succede a causa del pensiero di gruppo. Succede perché i redattori e i produttori di alto livello sanno - senza che glielo si dica - quali temi e quali fonti sono off-limits. Non c'è bisogno di dare ordini, per esempio, perché i giornalisti di rango capiscano che gli affari del capo dell'azienda o dei principali inserzionisti sono off-limits, a meno di incriminazioni penali.
"Non c'è bisogno di un promemoria per ottenere questo tipo di limitazione della prospettiva: basta selezionare tutti i soliti esperti da tutti i soliti think tank per dire tutte le solite cose. Pensate a Tom Friedman. O a Barry McCaffrey. O a Neera Tanden. O a uno qualsiasi dei membri del club d'élite che hanno dimostrato più volte di avere assurdamente torto sugli affari nazionali o internazionali".
Anche Matt Taibbi si è lanciato nella polemica per evidenziare l'effetto del pensiero di gruppo nei media, pubblicando un articolo su Rolling Stone sul modo in cui i giornalisti arrivano a capire cosa farà o non farà crescere la loro carriera nei mass media:
"I giornalisti assistono alla morte del buon giornalismo d'inchiesta su gravi problemi strutturali, mentre montagne di spazio sono dedicate a banalità come i tweet di Trump e/o a semplicistiche storie di parte. Nessuno deve fare pressione su nessuno. Sappiamo tutti quali sono gli interventi che fanno guadagnare o non fanno guadagnare complimenti nelle redazioni.
E probabilmente vale la pena notare che Taibbi non lavora più per Rolling Stone.
4. I dipendenti dei mass media che non si adeguano al pensiero di gruppo vengono logorati e costretti ad andarsene
https://twitter.com/caitoz/status/1080639143200223233
I giornalisti o imparano a fare il tipo di reportage che farà progredire le loro carriere nei mass media, o non imparano e rimangono emarginati e inascoltati o si logorano e lasciano. William Arkin, giornalista della NBC, si è dimesso dalla rete nel 2019, criticando la NBC in una lettera aperta per essere sempre "a favore di politiche che portano solo a più conflitti e più guerre" e lamentando che la rete aveva iniziato a "emulare lo stesso Stato di sicurezza nazionale".
Arkin ha raccontato di essersi spesso trovato ad essere una "voce solitaria" nell'esaminare vari aspetti della macchina da guerra statunitense, affermando di aver "discusso all'infinito con MSNBC su tutto ciò che riguarda la sicurezza nazionale per anni".
"Abbiamo contribuito a trasformare la sicurezza nazionale mondiale in questa sorta di storia politica", ha scritto Arkin. "Trovo scoraggiante che non riportiamo i fallimenti dei generali e dei leader della sicurezza nazionale. Trovo sconvolgente il fatto che, con il nostro giornalismo di bassa lega, perdoniamo i continui fallimenti americani in Medio Oriente e ora in Africa".
A volte la pressione è molto meno sottile. Chris Hedges, giornalista vincitore del Pulitzer, ha lasciato il New York Times dopo aver ricevuto un rimprovero formale scritto dal giornale per aver criticato l'invasione dell'Iraq in un discorso al Rockford College, rendendosi conto che avrebbe dovuto smettere di parlare pubblicamente di ciò in cui credeva o sarebbe stato licenziato.
"O mi imbavaglio per restare fedele alla mia carriera... o parlo liberamente e così ho capito che la mia relazione con il mio datore di lavoro era finita", ha detto Hedges nel 2013. "E così a quel punto me ne sono andato prima che si liberassero di me. Ma sapevo che, insomma, non sarei stato in grado di restare".
5. I dipendenti dei mass media che si spingono troppo oltre vengono licenziati.
https://twitter.com/mailandguardian/status/1072064659266658309
Questa misura non ha bisogno di essere applicata spesso, ma accade quanto basta perché le persone con una carriera nei media recepiscano il messaggio, come quando Phil Donahue è stato licenziato dalla MSNBC per la sua opposizione ai guerrafondai dell'amministrazione Bush nel periodo precedente all'invasione dell'Iraq, nonostante avesse i migliori ascolti di qualsiasi programma della rete, o nel 2018 quando il professore della Temple University Marc Lamont Hill è stato licenziato dalla CNN per aver sostenuto la libertà dei palestinesi durante un discorso alle Nazioni Unite.
6. I dipendenti dei mass media che seguono la linea imperialista vedono avanzare la loro carriera
https://twitter.com/schwarz/status/1432477704188833797
Nel suo libro del 2008 “Diario di guerra: i miei cinque anni in Iraq”, Richard Engel della NBC ha scritto di aver fatto di tutto per entrare in Iraq perché sapeva che avrebbe dato un enorme impulso alla sua carriera, definendo la sua presenza lì durante la guerra la sua "grande occasione".
"Nel periodo che precede la guerra, era chiaro che l'Iraq era una terra dove si sarebbe fatta carriera", scrive Engels. "Mi sono intrufolato in Iraq prima della guerra perché pensavo che il conflitto sarebbe stato il punto di svolta in Medio Oriente, dove vivevo già da sette anni. Come giovane freelance, credevo che alcuni reporter sarebbero morti per coprire la guerra in Iraq, e che altri si sarebbero fatti un nome".
Questo dà un'idea del modo in cui i giornalisti ambiziosi pensano di scalare la carriera nel loro campo, e anche del motivo per cui questi tipi sono sempre così entusiasti della guerra. Se si sa che una guerra può far progredire la propria carriera, si spera che avvenga e si fa tutto il possibile per agevolarla. L'intero sistema è impostato per elevare la peggiore specie di persone.
Tra l'altro, Engels è ora il principale corrispondente estero della NBC.
7. Con i media pubblici e finanziati dallo Stato, l'influenza è più evidente
https://twitter.com/caitoz/status/1643726909308813312
Abbiamo parlato delle pressioni esercitate sui dipendenti dei mass media gestiti dai plutocrati, ma che dire dei mass media che non sono di proprietà dei plutocrati, come la NPR e la BBC?
La propaganda prospera in queste istituzioni per ragioni quanto mai ovvie: la loro vicinanza ai poteri governativi. Fino agli anni '90 la BBC lasciava che l'MI5 controllasse apertamente i suoi dipendenti per attività politiche "sovversive", e ha cambiato ufficialmente questa politica solo quando sono stati scoperti. L'amministratore delegato della NPR, John Lansing, è uscito direttamente dai servizi ufficiali di propaganda del governo degli Stati Uniti, essendo stato in precedenza amministratore delegato dell'US Agency for Global Media - e non è stato il primo dirigente della NPR con un'ampia esperienza nell'apparato di propaganda statale statunitense.
Con le testate di proprietà del governo statunitense, come Voice of America, il controllo è ancora più palese. In un articolo del 2017 della Columbia Journalism Review intitolato "Risparmiatevi l'indignazione: Voice of America non è mai stata indipendente", Dan Robinson, veterano di VOA, afferma che tali emittenti sono completamente diverse dalle normali società di informazione e che, per ricevere i finanziamenti governativi, devono agevolare gli interessi statunitensi:
Ho trascorso circa 35 anni con Voice of America, ricoprendo incarichi che vanno dal corrispondente capo della Casa Bianca al capo ufficio all'estero e al capo di una divisione linguistica chiave, e posso dirvi che per molto tempo sono state vere due cose. In primo luogo, i media finanziati dal governo degli Stati Uniti sono stati gestiti in modo gravemente scorretto, una realtà che li ha resi maturi per gli sforzi di riforma bipartisan del Congresso, culminati alla fine del 2016 quando il Presidente Obama ha firmato il National Defense Authorization Act del 2017. In secondo luogo, c'è un ampio consenso al Congresso e altrove sul fatto che, in cambio del mantenimento dei finanziamenti, queste emittenti governative debbano fare di più, come parte dell'apparato di sicurezza nazionale, per aiutare gli sforzi per combattere la disinformazione russa, dell'ISIS e di Al-Qaeda.
8. Access Journalism: il giornalismo legato all’accesso
https://twitter.com/Will_Bunch/status/1306194079613702146
Krystal Ball ne ha parlato nel suo aneddoto sull'influente chiamata alla MSNBC da parte dei Clinton. L’Access journalism si riferisce al modo in cui i media e i reporter possono perdere l'accesso a politici, funzionari governativi e altre figure potenti se questi non li percepiscono come sufficientemente simpatici. Se qualcuno al potere decide che un determinato giornalista non gli piace, può semplicemente decidere di concedere le interviste a qualcun altro che sia sufficientemente leccapiedi, o di chiamare qualcun altro alla conferenza stampa, o di intrattenere conversazioni in via ufficiale e non ufficiale con qualcuno che lo lecchi un po' di più.
Privare gli interlocutori più impegnativi dell'accesso fa confluire tutto il materiale giornalistico di pregio verso quelli più ossequiosi, perché se hai troppa dignità per accettare di giocare a softball con le domande e non insistere con le tue richieste di fronte alle ridicole non-risposte, alla insalate di parole vuote dei politici, c'è sempre qualcun altro che lo farà al posto tuo. Questo crea una dinamica in cui i leccapiedi del potere vengono elevati ai vertici dei media tradizionali, mentre i veri giornalisti che cercano di chiedere conto al potere non vengono premiati.
9. Ricevere "scoop" da parte di agenzie governative che cercano di promuovere i loro interessi
https://twitter.com/MoonofA/status/1482003431091060744
Nelle dittature totalitarie, l'agenzia di spionaggio del governo dice ai media quali storie pubblicare, e i media le pubblicano indiscutibilmente. Nelle democrazie libere, l'agenzia di spionaggio governativa dice "Ehi amico, ho uno scoop per te!" e i media lo pubblicano senza fare domande.
Uno dei modi più semplici per pubblicare una notizia importante sulla sicurezza nazionale o sulla politica estera, al giorno d'oggi, è farsi affidare uno "scoop" da uno o più funzionari governativi - ovviamente a condizione di anonimato - che, guarda caso, metta in buona luce il governo e/o metta in cattiva luce i suoi nemici e/o crei consenso per questa o quella agenda. Questo ovviamente equivale a pubblicare semplicemente i comunicati stampa della Casa Bianca, del Pentagono o del cartello dei servizi segreti statunitensi, dal momento che si tratta di ripetere acriticamente qualcosa di non verificato passato da un funzionario e travestendolo da notizia. Ma è una pratica che sta diventando sempre più comune nel "giornalismo" occidentale, man mano che aumenta la necessità di distribuire propaganda sui nemici della guerra fredda di Washington contro Mosca e Pechino.
Alcuni noti esempi recenti sono il resoconto del New York Times, completamente screditato, secondo cui la Russia avrebbe pagato combattenti legati ai talebani per uccidere le forze statunitensi e alleate in Afghanistan, e il resoconto del Guardian, completamente screditato, secondo cui Paul Manafort avrebbe fatto visita a Julian Assange nell'ambasciata ecuadoriana. In entrambi i casi si trattava semplicemente di falsità che i mass media avevano ricevuto in pasto da membri dell'intelligence che cercavano di seminare una determinata narrativa nell’opinione pubblica, e che questi media hanno ripetuto come fossero fatti veri, senza mai rivelare i nomi di coloro che hanno fornito loro queste false storie. Un altro esempio correlato è rappresentato dai funzionari statunitensi che lo scorso anno hanno ammesso alla NBC - sempre sotto anonimato - che l'amministrazione Biden aveva semplicemente alimentato i media con bugie sulla Russia per vincere una "guerra dell'informazione" contro Putin.
Questa dinamica è simile a quella dell’Access Journalism, in quanto i media e i giornalisti che si sono dimostrati simpatici pappagalli acritici delle narrazioni governative sono quelli che hanno maggiori probabilità di essere alimentati e quindi di ottenere gli "scoop". Abbiamo avuto un assaggio di come questo appaia dall'interno quando il direttore ad interim della CIA sotto l'amministrazione Obama, Mike Morell, ha testimoniato che lui e le sue coorti del cartello dell'intelligence avevano inizialmente pianificato di diffondere la loro operazione di disinformazione sul portatile di Hunter Biden a un particolare giornalista senza nome del Washington Post, con cui presumibilmente avevano un buon rapporto di lavoro.
Un altro aspetto di come si svolge questa dinamica dello "scoop" fornito dall'intelligence è il modo in cui i funzionari governativi forniscono informazioni a un giornalista di una testata, e poi i giornalisti delle altre testate contattano quegli stessi funzionari e chiedono loro se le informazioni siano vere, e poi tutte le testate coinvolte fanno una parata pubblica su Twitter proclamando che la notizia è stata "confermata". Nulla di questa storia è stato verificato come vero in alcun modo; si trattava solo della stessa storia raccontata dalla stessa fonte a persone diverse.
10. Interesse di classe
https://twitter.com/ggreenwald/status/1433211822019055622
Più un dipendente dei mass media si adegua al pensiero di gruppo egemonico, segue le regole non scritte ed evita di essere minaccioso nei confronti dei potenti, più salirà nella scala della carriera mediatica. Più si sale su questa scala, più si guadagna. Quando questi giornalisti arrivano a una posizione da cui possono influenzare un gran numero di persone, fanno ormai parte di una classe ricca che ha tutto l'interesse a mantenere lo status quo politico che consente loro di conservare la sua fortuna.
Questo può assumere la forma di opporsi a tutto ciò che somiglia al socialismo o ai movimenti politici che potrebbero far pagare più tasse ai ricchi, come abbiamo visto nelle virulente campagne diffamatorie contro figure progressiste come Bernie Sanders e Jeremy Corbyn. Può anche assumere la forma di incoraggiare l'opinione pubblica a combattere una guerra culturale per evitare che inizi a combattere una guerra di classe. Può anche assumere la forma di un maggiore sostegno all'impero in generale, perché è su questo status quo che si basa la loro fortuna. Può anche tradursi nel cercare di rendere più simpatici i politici, i funzionari governativi, i plutocrati e le celebrità nel loro complesso, perché quella classe è quella dei loro amici; è quella che frequentano, con cui vanno alle feste e ai matrimoni, con cui bevono, ridono, si intrattengono.
https://twitter.com/TurncoatD/status/1396573622244757507
Gli interessi di classe si intrecciano con il comportamento dei giornalisti in molti modi perché, come hanno notato Glenn Greenwald e Matt Taibbi, i giornalisti dei mass media sempre più spesso non provengono da ambienti della classe operaia, ma da famiglie benestanti e sono laureati in costose università d'élite.
Il numero di giornalisti laureati è passato dal 58% del 1971 al 92% del 2013. Se i tuoi ricchi genitori non pagano per te, allora avrai un debito studentesco schiacciante che ti dovrai ripagare da solo, cosa che potrai fare solo guadagnando una quantità decente di denaro nel campo in cui hai studiato, cosa che potrai fare solo agendo come propagandista per l'establishment imperiale nei modi che abbiamo discusso.
Le università stesse tendono a svolgere un ruolo di mantenimento dello status quo e di produzione di conformismo quando sfornano giornalisti, poiché la ricchezza non confluirà in un ambiente accademico offensivo per i ricchi. È improbabile che i ricchi facciano grandi donazioni a università che insegnano ai loro studenti che gli interessi dei ricchi sono una piaga per la nazione, e di certo non vi manderanno i loro figli.
11. Think tanks
https://twitter.com/kenvogel/status/1664390474235273218
Il Quincy Institute ha pubblicato un nuovo studio secondo il quale l'85% dei think tank citati dai media nei loro servizi sul sostegno militare degli Stati Uniti all'Ucraina sono stati pagati da aziende appaltatrici del Pentagono.
"I think tank negli Stati Uniti sono una risorsa fondamentale per i media che cercano opinioni di esperti su questioni di politica pubblica urgenti", scrive Ben Freeman del Quincy Institute. "Ma i think tank hanno spesso posizioni radicate; un crescente numero di ricerche ha dimostrato che i loro finanziatori possono influenzare le loro analisi e i loro commenti. Questa influenza può includere la censura - sia l'autocensura che la censura più diretta di ciò che è sfavorevole a un finanziatore - e anche espliciti accordi con i finanziatori per specifiche ricerche a pagamento. Il risultato è un ambiente in cui gli interessi dei finanziatori più generosi possono dominare i dibattiti politici dei think tank".
Questa è negligenza giornalistica. Non è mai, mai in accordo con l'etica giornalistica citare think tank finanziati da profittatori di guerra su questioni di guerra, militarismo o relazioni estere, ma la stampa occidentale lo fa costantemente, senza nemmeno rivelare questo immenso conflitto di interessi al proprio pubblico.
I giornalisti occidentali citano i think tank finanziati dall'impero perché in genere si allineano alle linee approvate dall'impero, che un bravo giornalista-stenografo sa essere quelle utili a far avanzare la sua carriera nei mass media, e lo fanno perché così facendo hanno una "fonte esperta" dall'aspetto ufficiale da citare mentre proclamano la necessità di inviare equipaggiamenti bellici sempre più costosi in questa o quella parte del mondo. Ma in realtà c'è solo uno “scoop” da trovare nelle citazioni di questi esperti: "L'industria bellica sostiene più guerra".
Il fatto che a chi fa profitti con la guerra sia permesso di influenzare attivamente i media, la politica e gli enti governativi attraverso i think tank, la pubblicità e le lobby aziendali è una delle cose più folli che accadono oggi nella nostra società. E non solo è permesso, ma raramente viene messo in discussione.
12. Il Council on Foreign Relations
https://twitter.com/drbairdonline/status/1001820512895447040
Probabilmente va anche notato che il Council on Foreign Relations è un think tank profondamente influente che conta tra i suoi membri un numero sorprendente di giornalisti influenti e di dirigenti dei media, una dinamica che conferisce ai think tank un ulteriore livello di influenza sui media.
Nel 1993 l'ex redattore senior e difensore civico del Washington Post, Richard Harwood, ha descritto con approvazione il CFR come "la cosa più vicina a un establishment di governo negli Stati Uniti"
“the nearest thing we have to a ruling establishment in the United States.”
Harwood ha scritto:
L'adesione di questi giornalisti al Consiglio, comunque la pensino, è un riconoscimento del loro ruolo attivo e importante negli affari pubblici e della loro ascesa nella classe dirigente americana. Non si limitano ad analizzare e interpretare la politica estera degli Stati Uniti, ma contribuiscono a crearla. La loro influenza, ipotizza Jon Vanden Heuvel in un articolo pubblicato sul Media Studies Journal, è destinata ad aumentare ora che la Guerra Fredda è finita: "Concentrandosi su particolari crisi nel mondo, i media sono in una posizione migliore per fare pressione sui governi affinché agiscano".
13. Pubblicità
https://twitter.com/EliClifton/status/1435304589176225793
Nel 2021 Politico è stato sorpreso a pubblicare un'apologia del produttore di armi Lockheed Martin nello stesso momento in cui Lockheed sponsorizzava una newsletter di Politico sulla politica estera. Eli Clifton di Responsible Statecraft scrisse all'epoca:
C'è un confine molto labile tra i rapporti finanziari di Politico con la più grande azienda di armi degli Stati Uniti, la Lockheed Martin, e la sua produzione editoriale. E questa linea potrebbe essere appena diventata ancora più opaca.
La scorsa settimana, Ethan Paul di Responsible Statecraft ha riferito che Politico stava eliminando dai suoi archivi qualsiasi riferimento alla sponsorizzazione di lunga data della Lockheed Martin della loro popolare newsletter, Morning Defense. Mentre le prove del rapporto finanziario tra Lockheed e Politico sono state cancellate, il popolare giornale della beltway ha appena pubblicato un notevole pezzo sulla società, senza alcun riconoscimento del rapporto finanziario di lunga data che Politico ha con essa.
Politico non ha risposto a chi chiedeva di sapere se Lockheed fosse uno sponsor continuativo della testata, dopo che il mese scorso aveva eliminato gli annunci pubblicitari del gigante della difesa, o se l'azienda produttrice di armi avesse pagato ad hoc per quell’articolo, che sembrava in gran parte un annuncio pubblicitario.
Lee Hudson di Politico ha visitato l'impianto di ricerca e sviluppo Skunk Works della Lockheed, altamente protetto e per lo più classificato, a nord di Los Angeles, e ha scritto con entusiasmo: "Per i giornalisti di tecnologia della difesa e i nerd dell'aviazione, questo è l'equivalente di un biglietto d'oro per la fabbrica di Willy Wonka, ma pensate a droni supersonici invece che a fuochi d'artificio eterni".
Vi siete mai chiesti perché durante il Superbowl si vedono pubblicità della Northrop Grumman? Pensate che qualcuno guardi quella pubblicità dicendo: "Sapete una cosa? Mi comprerò un bombardiere stealth"? Certo che no. Eppure l'industria della difesa fa continuamente pubblicità sui media e, anche se non viene sempre colta in flagrante nella manipolazione delle testate giornalistiche, come è successo con la Lockheed e Politico, è difficile immaginare che il suo denaro non abbia un effetto di raffreddamento sulle notizie di politica estera, e forse anche di influenza sulle questioni editoriali.
Come ha detto Jeff Cohen qui sopra (al punto 3): i “top advertiser” sono “off limits”.
14. Infiltrazione clandestina
https://twitter.com/wikileaks/status/809345910769586176
Solo perché molti comportamenti propagandistici dei mass media possono essere spiegati senza cospirazioni segrete, non significa che non ci siano cospirazioni segrete. Nel 1977 Carl Bernstein pubblicò un articolo intitolato "La CIA e i media", in cui riferiva che la CIA si era infiltrata segretamente nei più influenti organi di informazione americani e aveva oltre 400 reporter che considerava risorse in un suo programma noto come Operazione Mockingbird.
Ci viene detto che questo tipo di infiltrazione segreta non avviene più oggi, ma è assurdo. Certo che succede. Le persone credono che la CIA non si impegni più in comportamenti nefasti perché trovano comodo crederlo, non perché ci sia una qualche base probatoria per questa convinzione.
Non c'erano condizioni che hanno dato origine all'operazione Mockingbird negli anni '70 che non siano presenti anche oggi. La guerra fredda? Ne abbiamo una in corso anche oggi. Guerra calda? Ne abbiamo una in corso anche oggi. Gruppi dissidenti? Ci sono anche oggi. Una folle corsa per assicurarsi il dominio e consolidare il capitale degli Stati Uniti sulla scena mondiale? Accade anche oggi. La CIA non è stata smantellata e nessuno è andato in prigione. L'unica cosa che è cambiata è che ora i media hanno più elementi con cui gli operatori governativi possono giocare, come i media online e i social media.
E in effetti abbiamo visto le prove che ciò accade oggi. Nel 2014 Ken Dilanian, ora reporter di spicco della NBC, è stato sorpreso a collaborare intimamente con la CIA nei suoi reportage, inviando loro articoli da approvare e modificare prima della pubblicazione. Nelle sue mail con gli addetti stampa della CIA lo si vede agire come un propagandista dell'agenzia, quando ad esempio parla di come intende che un articolo sugli attacchi con i droni della CIA risulti "rassicurante per il pubblico" e quando modifica il suo articolo in base ai loro desideri.
Tra le altre potenziali risorse della CIA figurano Anderson Cooper della CNN, che ha fatto uno stage presso l'agenzia, e Tucker Carlson, il cui passato presenta una serie di sovrapposizioni molto sospette con la CIA.
15. Infiltrazione alla luce del sole
https://twitter.com/mtaibbi/status/1382856410443186179
Infine, a volte i mass media si comportano come propagandisti di Stato perché sono effettivamente propagandisti di Stato. Ai tempi di Carl Bernstein la CIA doveva infiltrarsi segretamente nei mass media; oggi i mass media assumono apertamente addetti ai lavori dell'intelligence per lavorare tra le loro fila. Ormai impiegano apertamente veterani delle agenzie di intelligence come John Brennan, James Clapper, Chuck Rosenberg, Michael Hayden, Frank Figliuzzi, Fran Townsend, Stephen Hall, Samantha Vinograd, Andrew McCabe, Josh Campbell, Asha Rangappa, Phil Mudd, James Gagliano, Jeremy Bash, Susan Hennessey, Ned Price e Rick Francona.
I mass media, inoltre, fanno spesso intervenire "esperti" per fornire opinioni sulla guerra e sulle armi che sono dipendenti diretti del complesso militare-industriale, senza mai spiegare al loro pubblico questo enorme conflitto di interessi. L'anno scorso Lever News ha pubblicato un reportage sul modo in cui i media hanno coinvolto i manager dell'impero statunitense, che attualmente lavorano per aziende profittatrici di guerra come parte della loro vita, nel sistema di porte girevoli della palude di Washington tra il settore pubblico e quello privato, presentandoli come opinionisti imparziali sulla guerra in Ucraina.
https://twitter.com/andrewperezdc/status/1513923889457508358
Come si può vedere, i mezzi di informazione sono soggetti a pressioni da ogni angolazione immaginabile e a ogni livello rilevante che li spingono a funzionare non come reporter, ma come propagandisti. Ecco perché i dipendenti dei mass media occidentali agiscono come agenti di pubbliche relazioni per l'impero occidentale e le sue componenti: perché è esattamente quello che sono.
Il mio punto di vista
Il mio punto qui non è pro o contro Trump o Sanders, ma è la critica del giornalismo mainstream e della lotta alla disinformazione.
Guardo con favore al giornalismo indipendente e sono contento del corrente fiorire di iniziative volte a cercare un’alternativa, da Tangle, a Substack, a Rumble, a Nostr, a tante altre.
Purtroppo mentre negli USA il Primo Emendamento è sempre più messo in discussione (in particolare dai Democratici), l’Unione Europea sta creando un contesto ostile a queste innovazioni, alla libertà di parola e alla libera discussione pubblica, che potrebbe estendere la sua influenza negativa oltre l’Unione Europea stessa e nel frattempo sta anche attaccando la privacy.
Che tutto questo stia accadendo con ben poca discussione pubblica, e con ben poca democrazia - reale, al di là dei formalismi - è preoccupante e illustra cosa sia diventata l’Unione Europea.
Se i media mainstream funzionano, almeno per certi versi, come un apparato di propaganda, la lotta alla disinformazione, basata sul presupposto della maggiore affidabilità delle istituzioni e dei media mainstream rispetto all’informazione indipendente, rischia di costituire un anello di protezione intorno a questa propaganda, limitando la possibilità di metterla in discussione, o anche solo di far notare gli stilemi di una comunicazione oscenamente propagandistica, persino al di là della correttezza o scorrettezza dei contenuti.
Sarà un ulteriore spartiacque tra chi si affiderà all’informazione mainstream e chi si affiderà all’informazione alternativa, con una ancora minore possibilità di ricomporre la frattura e ristabilire un dialogo. Se l’informazione alternativa è inaffidabile e può comprendere fake news, truffe e ogni sorta di teoria delirante, quella mainstream è propagandistica e viziata dalla censura. E la Treccani definisce la propaganda così:
Azione che tende a influire sull’opinione pubblica e i mezzi con cui viene svolta. È un tentativo deliberato e sistematico di plasmare percezioni, manipolare cognizioni e dirigere il comportamento al fine di ottenere una risposta che favorisca gli intenti di chi lo mette in atto.
Come se non bastasse, si aggiungono a tutto questo sempre più richieste di stabilire nuovi reati di opinione. Perciò ben venga tutto ciò che può servire a bucare la censura, a salvaguardare la privacy, a calpestare i reati d’opinione e a contrastare quanto sta accadendo. Anche perché controllo politico della discussione, propaganda, censura e reati d’opinione non sono fini a sé stessi, ma strumenti dispiegati per sostenere in modo illiberale e antidemocratico determinate politiche.