DAVID PUENTE IL TESTIMONIAL PERFETTO
L'incredibile David Puente, vice direttore di Open, responsabile del fact checking e incapace di scrivere in italiano.
Se esiste un testimonial, un poster boy, una perfetta incarnazione, di come la lotta alla disinformazione sia una farsa, non può che essere David Puente.
Giornalista, fact checker e vicedirettore di Open con delega al fact cheker, Puente dirige il fact checking di Open, testata che oltre a occuparsi di fact checking in proprio è anche partner di Facebook per il fact checking in Italia. Puente dovrebbe essere un super esperto di lotta alla disinformazione.
Ma come dovrebbe essere idealmente un super esperto di lotta alla disinformazione?
Dovrebbe essere in grado di comprendere la delicatezza della lotta alla disinformazione,
ed essere aggiornato sull’ampio dibattito in corso sulla lotta alla disinformazione,
e saper comprendere come si interseca con la democrazia, con la libertà di espressione, con l’indipendenza della stampa, con le dinamiche dei social, etc..
dovrebbe essere in grado di comprendere e analizzare i meccanismi della comunicazione, del dibattito politico, del giornalismo, etc..
Ma ancora prima dovrebbe essere una persona
dotata di straordinaria proprietà di linguaggio,
e di straordinaria capacità di comprensione e analisi del testo,
della capacità di cogliere le più lievi sfumature,
abile nel sapersi addentrare nelle complesse differenze tra ciò che è falso, ciò che è fuorviante, ciò che è ingannevole, etc..,
e nel districare le questioni più intricate,
e sempre capace di distinguere un’opinione da un fatto, il falso dal vero, il certo dall’incerto, l’improbabile dall’impossibile,
in grado di addentrarsi nella questione di quali fonti possano essere considerate attendibili,
di quale contesto sia appropriato o meno
di cosa distingua la disinformazione, dalla malinformazione, dalla misinformazione
consapevole dei bias che un fact checker può avere..
A questo proposito, ad esempio AllSides - una delle più famose aziende ad occuparsi di determinare l’orientamento politico dei media – elenca questi come possibili bias per i fact checkers (se ne potrebbero ovviamente trovare anche altri):
Controllare i fatti “degli altri” lasciando la "propria parte" per lo più incontrastata: ad es. pochi fact checkers hanno prestato attenzione a varie affermazioni false fatte da Biden sui disordini del 6 gennaio e pochi commentatori di destra hanno fatto fact checking delle affermazioni di Trump sui brogli elettorali.
Verificare la veridicità di affermazioni estreme per etichettarle come false, sottintendendo che anche un'idea più generale è falsa: ad esempio se analizzo l’affermazione “In tutte le scuole si insegna la CRT (Critical Race Theory)” la troverò falsa. Ma l’affermazione è semplicemente esagerata, se analizzassi l’affermazione "I temi della CRT oggi vengono insegnati in molte scuole" la troverei vera.
Giudicare soggettivamente le affermazioni, spesso al di là dei fatti concreti, per dare poi un giudizio finale personale come se fosse un giudizio meramente tecnico e oggettivo, dipingendolo come “fact checking”.
Fidarsi solo di pochi esperti governativi o di altri che probabilmente sono prevenuti verso una certa conclusione: se seleziono solo esperti che so già orientati verso una certa conclusione più che verificare se una tesi è vera, o plausibile, sto in realtà cercando di provare una mia tesi, in sostanza.
Fornire o enfatizzare solo i dati che supportano una certa conclusione.
Mancanza di diversità di pensiero all'interno del team dei fact checker.
Con questo identikit in mente sono andato a leggere gli articoli di Puente su Open e cosa ho trovato?
Qui anticipo le conclusioni, sotto trovate dieci articoli di esempio, scelti a caso ed esaminati uno per uno.
Perché neanche io potrei fare il fact checker
Credo di aver dimostrato perché non è una esagerazione definire gli articoli di Puente come scritti in modo sciatto e dozzinale, cacofonico e involuto, con errori di sintassi e grammatica, errori nelle concordanze e della consecutio temporum, privi di qualsiasi proprietà di linguaggio, scritti con un linguaggio impreciso, fuorvianti e ingannevoli in molti passaggi.
Trovo grottesco che un giornale possa uscire con articoli del genere e che l’autore sia addirittura il vicedirettore, ma soprattutto che a scriverli possa essere qualcuno che pretende di fare il fact checker.
Mi sembra chiaro come a una persona del genere manchino le capacità intellettuali per rendersi contro dei propri limiti e per esercitare la propria professione.
Mi chiedo quanto sia difficile notare quello che ho notato io - la risposta potrebbe essere che nessuno tranne me ha mai letto gli articoli di Puente? - se intorno a lui ci siano solo analfabeti, o se nessuno abbia il coraggio di dirgli di lasciar perdere.
Mi chiedo come sia arrivato a fare il vice direttore di un giornale, come possa occuparsi del fact checking e insomma con quale logica abbia funzionato e funzioni la sua carriera.
Mi chiedo come possa un giornale con un simile vice direttore e responsabile del fact checking collaborare con Facebook, quando dovrebbe risultarne troppo screditato per poterlo fare.
Mi chiedo se stia lì apposta per prendere in giro chi crede veramente che il fact checking abbia un senso.
Fatto sta che dopo aver letto e riletto tanti articoli di Puente mi è venuta voglia di urlare e spaccare tutto e poi chiudermi in un armadio e piangere.
Inoltre ero partito con l’idea di scrivere con toni più seri e misurati, limitandomi a mettere in luce i fatti, ma poi ho ceduto a un tono sempre più sarcastico, il che forse prova che non potrei fare il fact checker, d’altronde l’ironia è anche un meccanismo di distanziamento e prendere le distanze da chi scrive come Puente è una necessità per poter sopravvivere.
1 - Twitter files. Ecco ciò che non quadra nello “scoop” diffuso da Elon Musk (e cosa avrebbe rivelato sul Governo Trump)
https://www.open.online/2022/12/03/twitter-files-scoop-elon-musk-trump-biden/
Il titolo è impreciso e fuorviante
Il titolo definisce i Twitter Files uno scoop diffuso da Elon Musk. Ora non è esattamente falso definirlo così, ma è impreciso e leggermente fuorviante.
Lo scoop non è stato diffuso da Elon Musk. Musk ha dato accesso ai Files di Twitter a un famoso e rinomato giornalista d’inchiesta, di orientamento liberal, Matt Taibbi, e poi ad altri giornalisti, come Bari Weiss, Michael Shellenberger, David Zweig, etc.., che esaminandoli hanno messo insieme lo scoop dei cosidetti Twitter Files, raccontando in una serie di thread su Twitter i rapporti dell’azienda con la politica e le agenzie statali, le richieste ricevute da queste agenzie e le scelte di moderazione di Twitter.
All’epoca di questo articolo tutto questo era ancora all’inizio e il primo thread ad opera di Matt Taibbi era appena uscito e faceva discutere.
Quindi, tornando a noi, lo scoop è stato realizzato autonomamente da Taibbi, grazie ai documenti messi a disposizione da Musk, e diffuso su Twitter, perché la clausola che Musk ha posto in cambio dell’accesso ai files era che, in prima battuta, l’inchiesta e i reportage che ne sarebbero derivati sarebbero stati pubblicati su Twitter. Così è stato, e solo successivamente sono stati pubblicati anche su Public, Racket News, The Free Press e altri outlet mediatici.
Il titolo sembra in qualche modo suggerire la paternità di Musk dello scoop, e questa sarebbe una vera e propria falsità. Ma forse è solo malfatto e un po’ ambiguo. Può sembrare un’inezia, ma, ripeto, se vuoi fare lotta alla disinformazione ti stai imbarcando in un arduo compito, devi essere in grado di cogliere ogni sfumatura, dipanare le più complicate matasse, avere straordinarie capacità analitiche, perfetta proprietà di linguaggio e saperti esprimere con sovrumana precisione.
Cogliere l’ambiguità ed evitare di essere ambiguo a tua volta fa parte del tuo mestiere ed è una delle competenze che dovresti avere. Ma andiamo avanti.
L’occhiello contiene un errore nella concordanze
La decisione di Twitter di bloccare due articoli del New York Post non sono una novità. L’inchiesta di Taibbi non rivela altro se non i nomi dei dipendenti e le richieste dell’amministrazione dell’ex presidente statunitense
L’occhiello contiene un errore nella concordanza tra soggetto, che è al singolare, e verbo che è al plurale: “la decisione non sono una novità”.
La seconda parte dell’occhiello è, se presa alla lettera, falsa.
Nella seconda parte dell’occhiello c’è scritto “L’inchiesta di Taibbi non rivela altro se non i nomi dei dipendenti e le richieste dell’amministrazione dell’ex presidente statunitense”.
Come mera descrizione presa alla lettera è oggettivamente falsa: l’inchiesta contiene altro oltre ai nomi dei dipendenti e le richieste dell’amministrazione Trump.
Può invece essere una legittima valutazione, se intesa come “l’unica cosa di rilievo che contiene l’inchiesta è..”. Ma in questo caso si tratta dell’espressione di una valutazione personale, non più di una mera descrizione dei fatti.
E qui vediamo la difficoltà di un fact checking che sia realmente fattuale e avalutativo.
L’articolo è impreciso e fuorviante fin dalla prima riga
Immaginiamo di descrivere, a qualcuno che non le conosce, queste persone in questo modo: Vespa? uno scrittore, Fedez? un podcaster, Chiara Ferragni? un’influencer, Nanni Moretti? un attore, Fabrizio De andrè? un musicista, David Puente? un giornalista.
Nessuna di queste descrizioni è del tutto falsa, ma ciascuna è in qualche modo imprecisa e fuorviante.
Vespa certo scrive libri, ma nella testa di noi tutti è principalmente il conduttore di Porta a Porta, Fedez è un cantante e il marito della Ferragni, la Ferragni è una influencer, ma soprattutto una grande imprenditrice, Nanni Moretti è un attore ma in primis un regista, Fabrizio De André componeva e suonava, ma era un cantautore, non semplicemente un musicista.
David Puente è certamente un giornalista, ma soprattutto è vicedirettore di Open e si occupa di fact checking e lotta alla disinformazione: la sua principale occupazione è questa e se ometto di dirlo non ho descritto Puente in maniera corretta.
Se lo descrivo semplicemente come “un giornalista” potrebbe trattarsi di un giornalista d'inchiesta, di cronaca locale, di cultura, di cucina, di musica, di arte, di calcio, di tecnologia, etc..
Nel descrivere Matt Taibbi come “un podcaster”, nella prima riga dell’articolo, Puente commette lo stesso tipo di errore.
In primo luogo sebbene Taibbi faccia podcast non è principalmente un podcaster, è un giornalista d’inchiesta e questa è la formula breve più semplice e appropriata per descriverlo (allungandola un po’: è un famoso e rinomato giornalista d’inchiesta, vincitore di vari premi, diventato famoso per la sua copertura della crisi finanziaria del 2007 a Rolling Stones, notoriamente di orientamento liberal, ma poi caduto in disgrazia presso i liberal per aver da subito denunciato le falsità del Russiagate - da ultimo documentate anche dal Rapporto Durham - e poi per gli stessi Twitter Files, autore di vari libri di successo, di una newsletter e di un podcast).
In secondo luogo anche se la sua attività fosse fare podcast, “un podcaster” non spiega che tipo di podcast: cucina? giardinaggio? wrestling? auto? tatuaggi? boh.
QUindi Puente scrive un articolo per fare il fact checking di un’inchiesta di Matt Taibbi e dà l’idea di non sapere nemmeno chi sia.
Praticamente la mia impressione, da persona ben informata su Taibbi e i Twitter Files, è quella di un articolo scritto da qualcuno che non sa di cosa sta parlando. Altro che “fact checking”!
2 No! Questa email non prova che il governo americano pagava Twitter per censurare, come afferma Elon Musk
https://www.open.online/2022/12/22/elon-musk-governo-usa-twitter-censura-fake-fc/
Sciatto e cacofonico
Nella sezione “Per chi ha fretta”, che riassume l’articolo per punti, al primo punto si legge:
Nella settima puntata dei Twitter Files viene riportata un’email dove si riporta un ingresso di 3 milioni di dollari nelle casse della società a seguito delle richieste da parte dell’FBI.
Questo è un modo di scrivere sciatto e cacofonico. La ripetizione a così poca distanza del verbo “riportare” è brutta e inoltre in italiano per parlare di soldi che entrano nelle casse di una società, si preferisce usare “entrata”, non “ingresso”.
Si dirà che “entrata” e “ingresso” sono sinonimi, ma in realtà non lo sono in tutti i contesti. Hanno una “sinonimia parziale”, che è quando due parole hanno un significato simile o sovrapponibile in un contesto specifico, ma una delle due ha anche un significato aggiuntivo o una sfumatura che l'altra non possiede.
In questo caso entrambe possono essere usate per indicare l’entrata di una casa, ma solo "entrata" ha il significato aggiuntivo di "entrata di bilancio", che indica i soldi ricevuti da un'azienda.
Quindi "entrate di bilancio" è appropriato, mentre "ingressi di bilancio" è improprio. Che poi si capisca lo stesso, può essere vero. Ma lo si capisce pensando “avrà voluto dire “un’entrata di 3 milioni di dollari”.
Il verbo sbagliato
Quella sotto è la prima frase dell’articolo:
Secondo Elon Musk, il governo americano avrebbe pagato milioni di dollari a Twitter per censurare contenuti all’interno della piattaforma. Lo afferma in un tweet del 20 dicembre 2022, in cui condivide il thread di Michael Shellenberger contenente la settima puntata dei cosiddetti “Twitter Files“. La prova di tale accusa riguarda lo screenshot di una email del 2021 del team SCALE di Twitter (“Safety, Content, & Law Enforcement”) inviata a Jim Baker, avvocato della piattaforma ed ex funzionario FBI, ma il contenuto risulta del tutto travisato.
In italiano questa frase è logicamente scorretta: “La prova […] riguarda lo screenshot […]”.
La prova non riguarda lo screenshot. Lo screenshot è la prova. O meglio forse lo è: questa è esattamente la questione che l’articolo pone in dubbio.
Quindi Puente avrebbe potuto scrivere “Lo screenshot costituisce la prova" o "Lo screenshot rappresenta la prova" o “Lo screenshot sarebbe la prova”.
Chi pretende di saper discerne il falso dal vero dovrebbe riuscire a scrivere in modo corretto, e non solo formalmente corretto, anche in un buon italiano, scegliendo parole ed espressioni appropriate e precise.
Una scrittura da matita blu
Quella sotto è la prima frase della sezione “Analisi” dell’articolo:
Ecco il testo del tweet di Elon Musk dove accusa il Governo americano di pagare per applicare la censura sulla piattaforma: «Government paid Twitter millions of dollars to censor info from the public».
L’espressione “pagare per applicare la censura” è di quelle che il mio professore di italiano al Liceo mi avrebbe sottolineato con la matita blu. La matita blu era riservata a quelli che non erano proprio errori gravi, ma piuttosto espressioni “brutte”, “sgraziate”, “inappropriate” e che “non si usano”.
Oltre al fatto che avrebbe fatto meglio a scrivere “dove accusa il Governo americano di aver pagato” piuttosto che “di pagare”, traducendo “paid” al passato, come in effetti è in inglese, bastava scrivere “pagare per censurare”: più semplice, più chiaro, meno contorto e involuto.
Un fact checker dovrebbe possedere una scrittura semplice, chiara, comprensibile, trasparente, leggibile, bella e precisa. Qui siamo proprio agli antipodi.
Un gioco dalle sfumature complesse
Un altro problema che rende delicato e complicato fact checking è che implica il dover distinguere con particolare attenzione i fatti e le opinioni.
I fatti non parlano da soli, ma vanno interpretati, valutati, contestualizzati, messi in relazione uni con gli altri, pesati e giudicati.. e tutto questo è opinabile e fa parte della discussione e del confronto.
Persone diverse avranno valutazioni diverse su quale sia il contesto appropriato per un fatto, o su quali fatti vadano messi in relazione con quali altri, o su quale sia il peso da dargli, e così via.
In questo caso non sto fornendo l’esempio di un errore, ma un esempio di come il fact checking sia un gioco dalle sfumature complesse.
L’articolo parla di un Tweet di Shellenberger, che Musk ha commentato scrivendo “Government paid Twitter millions of dollars to censor info from the public” cioè “Il governo ha pagato a Twitter milioni di dollari per censurare le informazioni al pubblico”.
Lo screenshot di Shellenberger è questo:
Shellenberger afferma che “la campagna di influenza dell’FBI potrebbe essere stata aiutata dal fatto che stava pagando a Twitter milioni di dollari per il suo staff».”
Secondo Puente, Shellnberger sbaglia a suggerire un nesso tra i pagamenti ricevuti da Twitter e le attività censorie, perché quello di cui parla la mail è un rimborso dovuto a Twitter dall’FBI, per aver risposto alle richieste di informazioni di quest’ultimo.
Richieste di informazioni che l’FBI può legalmente fare, e fa regolarmente, a Twitter, come a tante altre aziende, nel caso abbia bisogno di informazioni nell’ambito di qualche processo legale in cui è coinvolto.
La legge riconosce che processare queste richieste e fornire i dati corrispondenti implica dei costi per queste aziende e quindi riconosce loro il diritto a un rimborso.
Dunque non esisterebbe alcuna relazione tra questi rimborsi e le richieste di censura fatte dall’FBI a Twitter.
D’altronde, come fa notare l’articolo nelle stesse linee guida di Twitter c’è scritto:
Requests for user account information from law enforcement should be directed to Twitter, Inc. in San Francisco, California or Twitter International Unlimited Company in Dublin, Ireland. Twitter responds to valid legal process issued in compliance with applicable law.
Nonché
Twitter may seek reimbursement for costs associated with information produced pursuant to legal process and as permitted by law (e.g., under 18 U.S.C. §2706).
Formalmente ha dunque ragione Puente.
Tuttavia Shellnberger scrive al condizionale “potrebbe essere stata aiutata”. Sta suggerendo che l’influenza dell’FBI su Twitter “potrebbe essere stata aiutata” da questi pagamenti e non affermando che Twitter è stato pagato per censurare. E in modo trasparente riporta l’intera mail dove si vede benissimo il riferimento al programma di rimborsi.
Quello che suggerisce Shellenberger quindi è che, al di là dei formalismi, ci potrebbe essere stato comunque un collegamento. Che visto che l’FBI versava a Twitter tanti soldi, questo potrebbe aver influenzato la disponibilità di Twitter ad accondiscendere alle sue richieste di censura.
Se io ho un buon cliente che mi paga tanti soldi per fare un certo lavoro e poi questo cliente mi fa delle altre richieste, sia pure in un altro ambito, potrei essere influenzato dal fatto che desidero coltivare un buon rapporto con lui, mantenerlo come cliente e continuare a farmi pagare tanti soldi. Potrei avere paura che scontentandolo in un ambito, trovasse poi modo di ridurmi il lavoro o il compenso anche nell’altro. E il cliente potrebbe esserne consapevole e agire proprio sulla base di questa consapevolezza.
E c’è un’altra questione: se le richieste che questo cliente mi fa sono al limite della legalità, o apertamente illegali, o se sarebbe illegale pagarmele, per qualche motivo, potrebbe semplicemente non voler far figurare che me le ha pagate e potrebbe semplicemente pagarmele indirettamente, dandomi più lavoro, alzandomi il compenso, rimborsandomi spese che non ho avuto, approvandomi note di rimborso senza controllarle nello specifico, o in tanti altri modi simili.
Così, poiché di fatto, anche se per altri motivi, l’FBI versava milioni di euro a Twitter, non è del tutto folle ipotizzare qualche meccanismo simile, considerando anche che che nemmeno volendo l’FBI avrebbe potuto pagare esplicitamente Twitter per eseguire le sue richieste di moderazione e censura.
Non so se sia vero, non credo certamente che quella mail da sola basti a provarlo e ritengo che sia una dietrologia, ma è un legittimo sospetto e una legittima opinione, è qualcosa che si può ipotizzare e su cui ciascuno potrà fare le proprie valutazioni.
Quando Musk lo dà per certo esagera. E quado l’articolo afferma che la mail non prova che il governo americano pagava Twitter per censurare, ha ragione.
Valutando l’affermazione “questa mail prova che l’FBI pagava twitter per censurare è falsa” il responso è che l’affermazione è “falsa”, ma valutando l’affermazione “questa mail fa sorgere il dubbio che l’FBI pagasse Twitter per censurare” il responso è che è un’ipotesi legittima, e che sebbene la mail non basti a provarla, basta a farla sorgere. Dopo di ché potrà anche essere un’ipotesi improbabile o poco fondata, ma rientra comunque tra le cose opinabili, non tra quelle false.
Questo ci fa capire come nel fact checking sia spesso in gioco una questione di sfumature, che Puente non ha mai dimostrato di saper cogliere, in my humble opinion.
E ricordiamoci che tra i bias dei fact checkers che AllSides indica c’è anche verificare la veridicità di affermazioni estreme per etichettarle come false, sottintendendo che anche affermazioni più generali e meno estreme siano false.
Una scrittura che fa sanguinare gli occhi
Giusto come nota finale, nelle conclusioni dell’articolo leggiamo:
L’email indicata da Michael Shellenberger non prova che il Governo americano abbia pagato Twitter per attività censorie. Questa riporta una richiesta di rimborso prevista per legge a seguito di richieste di informazioni formulate dalle autorità americane, che sia l’FBI o un giudice. Twitter non ha mai nascosto queste attività, riportando i riferimenti nelle proprie linee guida.
Questa è una perla notevole che non potevo mancare di sottolineare, perché quando l’ho letta mi ha fatto sanguinare gli occhi: “richieste di informazioni formulate dalle autorità americane, che sia l’FBI o un giudice”. Sarebbe bastato scrivere “che si tratti dell’FBI o di un giudice” o “siano esse l’FBI o un giudice” e già avrebbe fatto meno male.
3 No! Nessuna ex osservatrice dell’OSCE ha scoperto in Ucraina un “allevamento di bambini” destinati ai pedofili e al traffico di organi
https://www.open.online/2023/06/30/osservatrice-osce-allevamento-bambini-traffico-organi-pedofilia-fc/
Una lettura difficile, penosa e sgradevole
si sostiene i russi abbiano scoperto in Ucraina un “allevamento” di bambini per utilizzarli come schiavi
L’intero paragrafo è penoso da leggere, ma questa frase lo è in modo particolare.
Per capire perché, facciamo l’analisi della frase:
“[che] i russi abbiano scoperto in Ucraina un “allevamento” di bambini per utilizzarli come schiavi” è una subordinata oggettiva che funge da oggetto di “si sostiene”.
Cosa si sostiene? [che] i russi abbiano scoperto un allevamento.
Dentro a questa subordinata il soggetto sono “i russi”, il verbo è “hanno scoperto” e l’oggetto è “un allevamento”.
Ma poi quando si arriva al verbo successivo, “utilizzarli”, ci si trova davanti a un’ambiguità.
Il senso della frase è chiaramente quello di “un allevamento di bambini che venivano allevati dagli ucraini per essere usati come schiavi”, ma dal punto di vista sintattico risulta ambigua, perché la sintassi indicherebbe “i russi” come soggetto anche per quell’ “utilizzarli”.
Nella frase non è esplicitato un altro soggetto. Il verbo è “utilizzare”, l’oggetto indicato dal pronome “li” sono i bambini, il soggetto a senso sono gli ucraini, ma sintatticamente sono i russi.
Insomma è scritto di m…a!
Una donna non è mai stato
Nelle conclusioni si legge:
L’intera narrazione si basa sul racconto di una donna che non è mai stato membro dell’OSCE e attraverso affermazioni di militari russi senza fornire alcuna prova a sostegno, e questo dal 2022 quando venne diffusa per la prima volta l’intera fantomatica vicenda.
Nella prima parte della frase - “L’intera narrazione si basa sul racconto di una donna che non è mai stato membro dell’OSCE” - è sbagliata la concordanza di genere.
C’è scritto “una donnA che non è mai statO”, al posto di “una donnA che non è mai statA”.
Potrebbe sembrare una svista, ma come vedremo invece è un tratto stilistico caratteristico del “raffinato” stile del super fact checker Puente.
L’intera narrazione di basa attraverso
Ma non solo. La frase vorrebbe dire che “l’intera narrazione si basa su due cose: il racconto di una donna e le affermazioni di militari russi”, ma appunto vorrebbe dirlo ma non lo dice.
Perché Puente non sa esprimersi correttamente in italiano. Però ritiene di poter fare le pulci a quello che scrivono gli altri, e non riesce a cogliere alcuna contraddizione fra la sue (in)capacità di esprimersi e il suo pretendere di fare il fact checker. Bene così!
La frase può essere vista così: “L’intera narrazione si basa su [elemento 1] e su [elemento 2]”.
La “e” è una congiunzione. Se fosse scritta in italiano corretto la frase potrebbe essere spezzata in due frasi distinte ripetendo il soggetto, cioè potrebbe tranquillamente diventare:
L’intera narrazione si basa sul racconto di una donna che non è mai stata membro dell’OSCE
e
L’intera narrazione si basa sulle affermazioni di militari russi
Se spezziamo in due la farse di Puente invece ci rendiamo subito conto che non funziona:
L’intera narrazione si basa sul racconto di una donna che non è mai stato membro dell’OSCE
e
L’intera narrazione si basa attraverso affermazioni di militari russi
“Si basa attraverso” non è italiano. Quindi che dire? Probabilmente il fact checking di Puente non si basa attraverso l’italiano?
4 Il Ministero della Cultura non ha offerto il Colosseo per lo scontro tra Musk e Zuckerberg
https://www.open.online/2023/06/30/ministero-cultura-colosseo-scontro-musk-zuckerberg/
Circola online la voce che il Governo italiano, attraverso il Ministero della Cultura diretto da Gennaro Sangiuliano, abbia offerto il Colosseo romano come ring per lo scontro tra Elon Musk e Mark Zuckerberg. A diffondere la presunta notizia è il sito americano TMZ Sports, seguito da altri UsToday, il tutto alimentato ulteriormente da un tweet di Elon Musk pubblicato questa mattina alle ore 6 italiane: «Some chance fight happens in Colosseum». Contattato il Capo Ufficio Stampa del Ministero della Cultura Andrea Petrella smentisce il tutto informandoci che non è stata presentata alcuna proposta per ospitare lo scontro.
Quanti colossei..
Io mi chiedo se in italiano una volta che tu abbia scritto “Colosseo” con la “C” maiuscola, perché dovresti aver bisogno di specificare anche “romano”? perché magari scrivendo “il Colosseo” si intende l’Anfiteatro di Verona? Mah.
Seguito da altri UsToday
Mi chiedo anche cosa sia esattamente questa “roba”:
“A diffondere la presunta notizia è il sito americano TMZ Sports, seguito da altri UsToday, il tutto alimentato…”.
“UsToday” è finito lì per caso?
Doveva essere “A diffondere la presunta notizia è il sito americano TMZ Sports, seguito da altri”? O dovevano esserci altri giornali elencati dopo UsToday? O doveva esserci qualcosa come “A diffondere la presunta notizia è il sito americano TMZ Sports, seguito da altri, come ad esempio UsToday”?
Non lo sapremo mai, ad ogni modo nemmeno stavolta Puente è riuscito a scrivere in italiano.
E tanto per essere pignoli poteva anche usare il verbo al passato e scrivere “A diffondere la presunta notizia è stato il sito americano TMZ Sports”.
5 No! Questo graffito di Zelensky impiccato è falso. La foto non è stata scattata in Olanda
https://www.open.online/2023/06/29/falso-graffito-olanda-zelensky-fc/
Il presunto graffito sarebbe stata scattata in Olanda
Quello sotto è un paragrafo dell’articolo, che cerca faticosamente di sopravvivere il tempo necessario a esprimere qualcosa di sensato, ma non ce la fa e muore male, come accade spesso ai paragrafi scritti da Puente.
Partiamo da un primo punto, quello del luogo dove sarebbe stato realizzato il presunto graffito. Secondo le condivisioni sarebbe stata scattata in Olanda nella cittadina di Hague, ma in realtà si tratta del quartiere Glasi di Bulach, in Svizzera.
Partiamo da un primo punto, la prima frase del periodo parla di un “presunto graffito”, ma nella seconda frase leggiamo: “Secondo le condivisioni sarebbe stata scattata”.
Siccome non ci sono altri soggetti, in teoria il soggetto sarebbe ancora il “presunto graffito. E allora facciamo un esperimento..
Rilassatevi, chiudete gli occhi, concentratevi, cercate il vostro centro, l’oceano di tutte le energie che si trova all’altezza dell’ombelico, e quando vi sentite pronti, riapriteli e leggete con la massima apertura mentale e serenità d’animo questa frase:
“Il presunto graffito sarebbe stata scattata in Olanda, secondo le condivisioni, ma in realtà si tratta del quartiere Glasi di Bulach, in Svizzera.”
Eeeeeh?
6 No! Questo non è un passaporto israeliano della moglie di Zelensky
https://www.open.online/2023/06/23/falso-passaporto-israeliano-olena-zelenska-fc/
Siete caldi? Siete in pronti?
Tra i canali filorussi e in diversi post Facebook viene condivisa la foto di un fantomatico passaporto israeliano di Olena Zelenska, moglie del Presidente ucraino Zelensky. L’obiettivo della sua diffusione è quello di far credere che entrambi siano in pronti a scappare in Israele, ma si tratta di un falso.
Non credo che a parte Puente stesso ci sia qualcuno disposto a credere che Zelenski e sua moglie siano “in pronti a scappare in Israele”. Al massimo potrebbero essere “pronti a scappare”.
Il documento dovrebbe essere riportato “Ucraina”
Il documento presenta diversi errori, come ad esempio l’indicazione del luogo di nascita “Unione Sovietica” mentre dovrebbe essere riportato “Ucraina”.
Il soggetto è il documento. Il documento non dovrebbe essere riportato “Ucraina”, ma se mai “Il documento dovrebbe riportare “Ucraina”.
Risulta evidente che l’immagine usata sia quello
In un successivo paragrafo leggiamo:
Nel sito del Consiglio europeo è presente un esempio del passaporto israeliano. Confrontando l’immagine con quella del finto documento attribuito a Olena Zelenska, i timbri si trovano nelle stesse posizioni (diverse nel caso sopra riportato). Inoltre, ciò che risulta interessante è notare i bordi negli angoli a sinistra della foto, estremamente identici. Risulta evidente che l’immagine usata come base per il falso passaporto di Olena Zekenska sia quello presente nel sito del Consiglio europeo.
Innanzitutto nella prima frase sarebbe stato meglio scrivere un esempio di passaporto israeliano e non del passaporto israeliano.
Poi l’avverbio “estremamente” è pleonastico perché l’aggettivo “identico” indica già un grado di uguaglianza assoluta. Quindi parlare di bordi “estremamente identici” non ha senso.
Ma soprattutto, ancora una volta sono sbagliate le concordanze: l’immagine è femminile ma nell’articolo si legge:
Risulta evidente che l’immagine usata […] sia quello presente nel sito del Consiglio europeo.
7 No! Queste foto non mostrano un cane abbandonato a Castel San Pietro ed è inutile ricercare il suo “padrone”
https://www.open.online/2023/06/23/foto-cane-abbandonato-castel-san-pietro-fake-fc/
Una vecchia storia dove gli utenti condividevano il post
Di recente ci eravamo occupati di una vecchia storia riguardo a un cane lanciato in acqua, dove gli utenti condividevano il post nella speranza di “individuare e denunciare” l’uomo ripreso nelle immagini.
“Dove” è appropriato per indicare un luogo fisico, molto meno per riferirsi a una storia. So che Puente non è in grado di capire queste sfumature - ed ecco perché deve cambiare mestiere - ma avrebbe potuto scrivere:
"Di recente ci eravamo occupati di una vecchia storia riguardante / che riguardava un cane lanciato in acqua, in cui / nella quale gli utenti condividevano il post nella speranza di 'individuare e denunciare' l'uomo ripreso nelle immagini."
E ancora nelle conclusioni:
La foga della caccia all’uomo cattivo, unita al fatto che molti non conoscono e non hanno visto i film del trio italiano, hanno scatenato la solita condivisione compulsiva. Chi ha diffuso originariamente le immagini ne era consapevole, dovendo trarre i fotogrammi dai video.
A parte che si potrebbe sussumere “non hanno visto” il film in “non conoscono il film”, infatti se è possibile conoscerlo senza averlo visto, non è possibile averlo visto e non conoscerlo, visto che vederlo implica conoscerlo, e quindi scrivere solo “unita al fatto che molti non conoscono i film del trio italiano”. Se non che sussumere probabilmente non è una parola presente nel vocabolario di Puente.
Ma poi.. “Chi ha diffuso originariamente le immagini ne era consapevole, dovendo trarre i fotogrammi dai video” avrebbe dovuto avere il gerundio passato considerando che entrambe le azioni sono nel passato, ma una avviene prima dell’altra.
E in generale la frase sarebbe stata più leggibile scritta così:
Chi ha diffuso originariamente le immagini doveva esserne consapevole, avendo dovuto trarre i fotogrammi dai video.
8 No! Questo video non mostra Silvio Berlusconi mentre molesta una vigilessa
https://www.open.online/2023/06/14/video-fake-berlusconi-vigilessa-fc/
Era da anni come falso
La scena risulta interpretata da un sosia di Silvio Berlusconi, l’attore Maurizio Antonini noto per il film “Bye Bye Berlusconi”. Il filmato era da anni come falso, ma puntualmente viene riproposto come vero seguendo l’errore del sito di informazione cinese.
Era da anni come falso, questo mio cuore, o mio dolce David, ma tu gli hai ridato la verità perduta.
“Era da anni come falso” potrebbe essere il verso di una poesia, oppure un errore estrapolato dalle conclusioni di un articolo di Puente, in cui si è dimenticato di scrivere una parola.
Il filmato era da anni noto come falso? immagino volesse dire qualcosa del genere.
9 Il deepfake di Putin che annuncia l’incursione ucraina in Russia. Violate le televisioni e radio russe – I video
https://www.open.online/2023/06/06/deepfake-vladimir-putin-russia-incursione-ucraina/
L’uso e la diffusione è entrato
L’uso e la diffusione di questi video manipolati (in alcuni casi generati attraverso l’Intelligenza Artificiale) è entrato a far parte della propaganda di guerra con l’obiettivo di convincere non solo i cittadini coinvolti, ma anche i soldati per destabilizzarli.
Se per chiarezza togliamo la parentesi notiamo subito l’ennesimo errore nelle concordanze: il soggetto è plurale, ma il verbo singolare.
“L’uso e la diffusione è entrato”. Sì, buonanotte.
Un’incursione da parte il Corpo dei Volontari Russi
Gli attacchi informatici alle emittenti radio e televisive della rete MIR fanno seguito all’incursione a Belgorod da parte dei combattenti russi della Legione “Liberty of Russia” e il Corpo dei Volontari Russi (RVC).
Dopo la “e” al posto di “il Corpo dei Volontari Russi (RVC)” avrebbe dovuto esserci “del Corpo dei Volontari Russi (RVC)”, come prima c’è scritto “dei combattenti russi”.
10 No! Questo video non mostra un’esplosione nella «sede ufficiale del Parlamento Europeo a Strasburgo»
https://www.open.online/2023/07/07/video-esplosione-sede-parlamento-europeo-strasburgo-fake-fc/
Gli edifici riguardano un altro quartiere
Nell’occhiello si legge: “Gli edifici ripresi […] riguardano un altro quartiere”. Ma in italiano gli edifici non possono riguardare un quartiere. Se mai sono “le riprese” che possono riguardare un altro quartiere.
I disordini risalgono tra la sera
Poco più sotto si legge: “I disordini del quartiere risalgono tra la sera del 29 e del 30 giugno 2023”.
In italiano, si dovrebbe dire “i disordini risalgono a”, non “i disordini risalgono tra”. La preposizione è sbagliata. La frase formulata correttamente potrebbe essere “I disordini del quartiere risalgono alle sere del 29 e del 30 giugno 2023”.
DISCLAIMER
Non mi fraintendete. Ho preso di mira Puente, perché è persona eccezionale a modo suo e si meritava un articolo dedicato. Ma ovviamente i problemi e i bias del progetto di fact checking di Open non si limitano a quelli che ho evidenziato. Risulta abbastanza chiaro scorrendo gli articoli che, come minimo, è un progetto che contiene tutti i bias elencati da AllSides.
Un esempio lampante è il fatto che sceglie chiaramente quali fatti verificare o meno, prendendo chiaramente di mira certi gruppi, certi politici, certi argomenti e non altri.
E anche questo è un modo di disinformare. Lo troviamo anche nell’elenco di AllSides:
Controllare i fatti “degli altri” lasciando la "propria parte" per lo più incontrastata
Se vengono debunkate solo le falsità dette da una certa parte o solo da alcune fonti e vengono fatte passare quelle di altre parti o altre fonti (per es. le fonti istituzionali), quello che si crea è un meccanismo di supporto alla diffusione della disinformazione di una specifica parte o di specifiche fonti.