Il Digital Service Act e l'effetto Pacman
Il discorso mediatico mainstream sul Digital Service Act è un esempio perfetto del perché i media mainstream non meritano la nostra fiducia e vanno se mai considerati pericolosi.
Ho pubblicato di recente una rassegna stampa dedicata al Digital Service Act, suddivisa in due parti:
nella prima gli articoli usciti sui media mainstream dopo la sua entrata in vigore il 25 agosto scorso
e nella seconda gli articoli critici verso il DSA usciti, in passato e di recente, su alcuni outlet mediatici “alternativi”, come il Miglio Verde, l’Indipendente, Libplus, Privacy Chronicles, il Petulante e ByoBlu.
Di seguito alcune considerazioni basate su quella rassegna.
Cosa emerge confrontando i due gruppi di articoli? Emergono due atteggiamenti opposti.
Con rare eccezioni la stampa mainstream commenta in modo positivo il DSA (qualcuno dà conto delle critiche degli europarlamentari leghisti che lo hanno definito una “legge bavaglio”).
Con rare eccezioni l’informazione indipendente è oltremodo critica verso il DSA (su Byoblu nel dibattito vengono messi in luce anche alcuni aspetti positivi).
La stampa mainstream informa in qualche modo sul contenuto delle norma, ma fa un discorso del tutto acritico:
tende a riportare in modo acritico la sintesi fatta del provvedimento dalla Commissione Europea stessa
tende a riportare in modo acritico le dichiarazioni delle autorità europee, in particolare del commissario Breton e di Ursula von der Leyen.
illustra le intenzioni dichiarate dai promotori del DSA come coincidenti con gli obbiettivi effettivi del DSA e con i suoi effetti: se dicono che è stato fatto per tutelare gli utenti, allora l’obiettivo è effettivamente quello, e l’effetto anche.
di conseguenza elogia il DSA mettendo in luce solo gli aspetti positivi, come gli obblighi di maggiore trasparenza per le piattaforme, la tutela dei minori dalle pubblicità mirate, la possibilità per gli utenti di fare ricorso contro i ban, e ignora completamente qualsiasi possibile problema, dal momento che evidentemente queste fonti lo propongono in chiave positiva.
di fatto si tratta di un atteggiamento propagandistico: non tanto perché positivo verso il provvedimento, ma proprio perché stupidamente acritico, ripetitivo, piatto, privo di contestualizzazione, senza sfumature e chiaroscuri.
Quando dico che fa un discorso acritico, non intendo semplicemente che non presenta delle critiche, intendo proprio che non sottopone il provvedimento e le dichiarazioni della Commissione e dei suoi sostenitori a nessun tipo di vaglio, limitandosi a una ripetizione più o meno meccanica e senza alcuna riflessione indipendente positiva o negativa.
L’unica eccezione di sorta è rappresentata da una sociologa intervistata dall’ANSA che lamenta che si deve fare di più contro la violenza di genere e la “cultura dello stupro”, cioè critica il provvedimento perché non abbastanza deciso nel controllo della discussione pubblica online.
Per la stampa mainstream è tutto arcobaleni, unicorni, latte e miele:
non esistono problemi di democrazia: combattere la disinformazione, le fake news, i discorsi d’odio e la propaganda putiniana migliora la discussione pubblica e quindi la democrazia, e non c’è altro da aggiungere.
non esistono rischi di censura: il provvedimento difende la libertà di parola perché impone maggiore trasparenza sulle regole da rispettare e sul perché si viene eventualmente “sanzionati”, con l’obbligo di poter accedere a una procedura di ricorso chiara e semplice.
non esistono problemi di dirigismo e di integrazione pubblico-privato: è positivo che le autorità e i ricercatori esterni possano avere accesso alla progettazione degli algoritmi, che possano collaborare con le aziende per indicare cosa sia disinformazione, quali siano le risposte adeguate e quali decisioni di moderazione prendere, e quali siano di contro le fonti affidabili da privilegiare.
non c’è alcun problema di limitazione del libero mercato: una normativa unica, uguale per tutti a livello europeo, anzi aumenta le possibilità di concorrenza e rende la concorrenza più leale.
si mette fine al far west e si fa finalmente ordine, dotandosi degli strumenti per monitorare le piattaforme e controllare che procedano a individuare e sanzionare i comportamenti illegali.
non c’è niente di particolare da dire sulla possibilità di attivare protocolli di emergenza per ragioni di sicurezza o salute pubbliche.
le preoccupazioni espresse anche da organizzazioni per la difesa dei diritti civili online, importanti, stimate e non strettamente politicizzate come la Electronic Frontier Foundation.. non esistono.
si tratta effettivamente di una regolamentazione senza precedenti al mondo, ma questa è una cosa positiva, perché la libertà è il male e la regolamentazione è il bene (sì il discorso non ha molta più profondità di così). Anzi ancora meglio, presto il provvedimento andrà a regime estendendosi oltre le grandi piattaforme e poi sarà seguito da provvedimenti ulteriori come il Digital Market Act e l’Artificial Intelligence Act. Hip hip urrà!
Stampa mainstream e informazione indipendente sostanzialmente non si toccano.
La stampa mainstream ignora completamente e non affronta in alcun modo nessuno dei punti critici sollevati dall’informazione indipendente. Non dà nemmeno conto della loro esistenza.
Il provvedimento non viene in alcun modo contestualizzato in quello che sarebbe il suo contesto logico, ricordando per esempio il fallimento mediatico totale che è stato il Russiagate - si vedano tutti gli articoli che ho pubblicato sul rapporto Durham che ha sancito che nemmeno doveva essere aperta un’indagine su Trump - o i Twitter Files e tutto quello che ne è emerso, dai finti bot russi di Hamilton ‘68, alle decisioni di moderazione sulla storia del laptop di Hunter Biden, a quelle sul covid.
D’altronde la stampa mainstream italiana ha preso sottogamba il rapporto Durham senza evidenziare il suo reale valore e ha sostanzialmente ignorato e liquidato con un’alzata di spalle i Twitter Files, così come le vicende scandalose sulle indagini su Hunter Biden.
Quindi non poteva gioco forza contestualizzare il DSA in quello che è il suo logico contesto, perché è un contesto che la stampa ha sempre negato e mai riconosciuto onestamente.
Durante il covid abbiamo avuto un buon esempio di cosa sia la lotta alla disinformazione. Abbiamo visto che la censura non ha riguardato solo le falsità, ma anche ciò che era incerto e discutibile e persino ciò che era vero, e che ha riguardato opinioni perfettamente legittime e persino opinioni qualificate di rinomati esperti.
Abbiamo visto che il criterio non era la falsità o la verità di quanto affermato, ma il suo supposto effetto sul pubblico. Abbiamo visto censurate informazioni vere e accurate perché promuovevano l'esitazione vaccinale, mentre qualsiasi falsità, iperbole, esagerazione, informazione ingannevole, etc.. volta a promuovere la conformità alle norme è stata permessa. Dunque abbiamo constatato che il criterio non era la falsità, e che non si trattava di lotta alla disinformazione.
“Lotta alla disinformazione” sarà una buona trovata di marketing per vendere al pubblico quanto si è fatto e si sta facendo, ma non è certo un nome che lo descrive in modo onesto e veritiero. Il nome più appropriato e onesto sarebbe controllo politico della discussione pubblica, propaganda e censura. Ma chiaramente vendere al pubblico qualcosa chiamato così sarebbe più difficile, da qui l'esigenza di “fare disinformazione” chiamandola lotta alla disinformazione, quando in realtà è lotta al dissenso. Ma se la chiami lotta alla disinformazione poi puoi raccontare che “migliora la discussione pubblica e le nostre democrazie”, se la chiami “controllo politico della discussione pubblica, propaganda e censura”, poi ti tocca ammettere che in realtà è una svolta fascistoide, illiberale e antidemocratica.
In democrazia la stampa non ha il ruolo di ripetere tutto quello che dicono le autorità considerandolo automaticamente vero e attendibile e di bollare come falso tutto ciò che lo contraddice, perché lo contraddice. Questo è il ruolo della propaganda nei regimi. Al contrario in democrazia la stampa ha il compito di esercitare un ruolo critico verso le autorità, le istituzioni, il potere, i governi, la politica, etc.. e di portare all'attenzione del pubblico e della pubblica discussione ogni possibile magagna e tutto ciò che il potere vorrebbe nascondere. E ancora prima ha il ruolo di difendere la propria libertà e la propria indipendenza e con esse la libertà della discussione pubblica e di espressione.
La consapevolezza di tutto questo è completamente assente dalla stampa mainstream che, specialmente dall’elezione di Trump in poi, e a seguire ancora di più dopo il covid, ormai si è arruolata di fatto nella “lotta alla disinformazione” e sostiene consapevolmente o meno la svolta fascistoide.
Dalla stampa mainstream è assente qualsiasi discorso sulle garanzie che i cittadini dovrebbero avere verso il potere, le istituzioni, le autorità e la politica. Il discorso è regredito a un punto in cui le autorità sono buone, attendibili e degne di fiducia per partito preso, e contraddirle è da terrapiattisti, nonché - non si sa perché - da estremisti di destra, razzisti, omofobi, maschilisti, etc..
Al contrario la stampa indipendente:
sul DSA non riporta acriticamente né quanto pubblicato dalla Commissione Europea, né quanto dichiarato dalle autorità, né prende per buone le loro intenzioni, né assume che intenzioni ed effetti coincidano automagicamente.
in generale non guarda con cieca fiducia alle autorità e alle istituzioni, non ritiene che il ruolo della stampa sia quello di spingere le persone a obbedire all'autorità, ma conserva il punto di vista, a quanto pare obsoleto, secondo cui la stampa deve essere indipendente, difendere la libertà di espressione, e svolgere un ruolo di controllo e di critica del potere e di garanzia per i cittadini.
mette in luce gli ampi e discrezionali poteri di controllo di cui la Commissione Europea si è dotata.
mette in luce che mancano definizioni precise e che cosa sia disinformazione, discorso d'odio, rischio sistemico, etc.. potrà essere definito a posteriori secondo i desiderata del momento, così come il tipo di risposta da riservargli e che quindi utenti e piattaforme nemmeno possono sapere cosa fare o non fare in anticipo e che quindi i meccanismi del DSA non offrono alcuna garanzia di trasparenza, imparzialità, tutela del dissenso.
mette in luce il pericolo che il DSA faccia scuola e diventi uno standard globale, andando a intaccare anche la libertà americana, nonostante il Primo Emendamento.
mette in luce il comportamento arrogante delle autorità europee verso le aziende, in particolare quello del commissario Thierry Breton che si è sempre espresso come se le aziende non fossero dei loro proprietari, come se non avessero diritti, e come se la politica potesse farne quello che vuole, cioè come l’esponente di un qualsiasi regime socialista, fascista o comunista, nel contesto di un qualsiasi sistema dirigista, dove un proprietario d’impresa è trattato come un funzionario pubblico che deve solo prendere ordini dalla politica.
contestualizza il provvedimento e i propri timori su di esso, riferendosi
ai Twitter Files,
alla soppressione della storia del laptop di Hunter Biden,
alle balle raccontate con il Russiagate,
alla soppressione della libera discussione sul covid e sulle sue origini,
a quanto accaduto in Canada contro il Freedom Convoy,
e in generale a tutta una serie di comportamenti, provvedimenti e proposte liberticidi diffusisi in tutto l’Occidente, che la stampa mainstream o ignora o esalta.
cita le critiche proposte da organizzazioni per la difesa dei diritti civili online come la Electronic Frontier Foundation.
critica la centralizzazione europea che mira a imporre regole e politiche uniformi svuotando di senso gli Stati nazione e le democrazie nazionali e azzerando la concorrenza istituzionale (sia mai che si possano fare scelte diverse e apprendere dal confronto e dalla concorrenza)
conclude - a ragione - che si tratta né più né meno della costruzione di un apparato di controllo della discussione pubblica, di censura e propaganda, che lungi dallo sparire dopo l’emergenza covid, viene invece potenziata, istituzionalizzata, normalizzata e generalizzata.
E concludo..
..dicendo che, per me:
il DSA rappresenta un cambiamento dei nostri sistemi politici nel senso di una svolta fascistoide,
è evidentemente una legge fatta per censurare che mina le basi della democrazia
ma rappresenta anche una svolta dirigista sul piano politico-economico, un sistema dove le imprese sono sempre più dirette dalla politica e integrate con gli apparati statali e sempre meno autonome, e quindi sempre meno realmente proprietà dei loro proprietari e sempre meno inserite in una logica di libero mercato.
è allucinante passi con così poca discussione e consapevolezza,
ovviamente faranno seguito altre “leggi fascistissime” - supportate dall’entusiasmo demente della stampa mainstream,
tutti quelli che si dicono o si credono anti fascisti e supportano questa roba hanno un grosso problema di bispensiero,
tutto questo servirà a supportare ulteriore centralizzazione, pianificazione centrale, dirigismo, tecnocrazia e ogni sorta di riduzione delle libertà individuali.. d’altronde cosa lo costruisci a fare un apparato di controllo propaganda e censura, se non per usarlo a supporto di tutto ciò che hai intenzione di fare dopo?
I media mainstream ripetono continuamente che la sfiducia verso le istituzioni, i media, la politica, i processi elettorali, etc.. è una forma di terrapiattismo e di estremismo pericoloso per la democrazia.
Ma la realtà è che quello che hanno fatto e stanno facendo giustifica pienamente questa sfiducia. Sono loro che stanno rendendo i nostri sistemi politici ancora meno democratici e ancora più illiberali di quel che già sono. Sono loro ad essere dei pericolosi estremisti.
E sono loro anche i terrapiattisti: perché credere che quello che stanno facendo sia “lotta alla disinformazione”, migliori la discussione pubblica e la democrazia, serva a difendere i diritti dei cittadini, etc.. richiede l’adesione a una visione delle cose così finta, irreale e stupida da essere l’equivalente - se peggio - di credere alla Terra piatta, e pure all’effetto Pac man.