IL RAPPORTO DURHAM - La Rassegna Stampa
Come è stato accolto il Rapporto, l'articolo che mi convince meno (Il Post), quello che mi convince di più (Atlantico Quotidiano) e alcuni miei pensieri
PREMESSA
Il procuratore speciale John H. Durham nel 2019 è stato incaricato dall'ex procuratore generale William Barr di verificare se c’erano state irregolarità nelle indagini dell’FBI sulla collusione tra Trump e la Russia.
L’indagine è terminata e i risultati sono diventati pubblici. Tra le altre cose ne emerge chiaramente che:
L’FBI non aveva sufficienti elementi per aprire l’indagine che ha aperto.
L’FBI ha trattato in modo diverso la Campagna Clinton e quella Trump, favorendo la prima con un atteggiamento protettivo e sfavorendo la seconda con un atteggiamento aggressivo.
L’FBI fu informato - come anche il Presidente Obama e il Vice Presidente Biden - che la Campagna Clinton aveva un piano per coinvolgere Trump in uno scandalo legato alla Russia, ma non tenne in debito conto l’informazione.
L’FBI si avvalse senza controlli di informazioni ricevute dagli avversari di Trump, senza mantenere un ragionevole scetticismo. Le informazioni del Dossier Steele si sono poi rivelate false, ma fin dall'inizio c'erano forti elementi per dubitarne.
L’FBI gestì in modo scorretto le proprie fonti: Steele, Sussmann, Danchenko e Dolan.
L’FBI ingannò la corte per le autorizzazioni FISA, nelle richieste originarie e nelle richieste di rinnovo delle stesse.
Anche se molte di queste cose non erano del tutto nuove, vederle ora nel Rapporto Durham, documentate e dettagliate, è decisamente rilevante. Quello che ha affermato lo speaker della CNN durante la diretta dell’evento a me pare abbastanza oggettivo: “Il rapporto di Durham è devastante per l'FBI”.
QUI IL LINK AL RAPPORTO COMPLETO
Qui ho evidenziato i punti chiave del Rapporto e tradotto e commentato l’Executive Summary:
IL MIGLIORE E IL PEGGIORE
Ho letto gli articoli (in italiano) usciti sul Rapporto Durham ed ecco quello che mi ha convinto di meno e quello che mi ha convinto di più.
IL MENO CONVINCENTE
Come mai?
Mentre tutti scrivono che il Rapporto Durham afferma che l'FBI non doveva aprire l'inchiesta su Trump, il Post va contro corrente e scrive invece che il Report affermerebbe che alla fine l’indagine era giustificata e dati gli indizi disponibili era giusto aprirla e portarla avanti.
Ma semplicemente il Report non dice quanto vuol fargli dire Il Post. L'FBI può aprire indagini di diverso tipo. Il report dice che gli indizi giustificavano l'apertura di una indagine preliminare. Ma l'indagine preliminare non è stata fatta. Invece fu aperta un’indagine completa per cui non c’erano gli elementi, e la sezione del Report dedicata all’apertura dell’indagine è durissima.
In realtà poi ci sono molti altri punti gravi sollevati da Durham, che Il Post minimizza o mal rappresenta.
Il punto generale è che il Post fallisce nel riconoscere, scrivendo che questo rapporto contiene “molto poco”, quello che è oggettivamente documentato nell’indagine di Durham. Cioè che l'FBI ha di fatto giocato contro Trump favorendo e proteggendo Clinton. È chiaro che così facendo ha indebitamente influenzato le elezioni e la vita politica americana (e non solo americana) successiva col suo comportamento. Se fossi Trump o un elettore di Trump sarei incazzato a bestia e ne avrei ogni ragione. Mentre Il Post si concentra sul sostenere come questo Report minerebbe le basi delle recriminazioni di Trump. Quello del Post mi sembra insomma un articolo lunare e anche con delle affermazioni scorrette.
Infine mi lascia scettico anche che Il Post prenda per buona e assodata la riforma dell’FBI, che ha prontamente dichiarato di essersi già riformato, e che adesso tutto funziona perfettamente.
Un giornale serio non può avere questo atteggiamento ingenuamente condiscendente verso le agenzie di intelligence, considerando gli scandali, le menzogne e gli abusi in cui sono regolarmente coinvolte.
Alle elezioni successive quando è uscito lo scandalo Hunter Biden con l'inchiesta del New York Post, 51 ex membri dell'intelligence, tra cui alcuni coinvolti nel Russiagate, hanno scritto una lettera che accusava l'inchiesta di essere una operazione di disinformazione russa, dicendo “non abbiamo le prove ma ne riconosciamo i segni”, ma la cosa si è rivelata falsa. Anche in quell'occasione la stampa liberal, come è Il Post, ha ripreso quella lettera acriticamente e anzi l'ha trasformata nella prova certa che fosse disinformazione. Biden l'ha pure citata in un dibattito per liquidare l'inchiesta. Questo non mi fa ben sperare né per quanto riguarda la comunità di intelligence e le sue autoriforme, né per quanto riguarda l'atteggiamento della stampa verso di essa.
IL PIÙ CONVINCENTE
..è quello di Federico Punzi su Atlantico Quotidiano.
Come mai?
Atlantico Quotidiano si è regolarmente distinto tra i giornali italiani per aver seguito con più attenzione le vicende del Russiagate, dello scandalo Hunter Biden e dei Twitter Files, mentre l’atteggiamento generale è stato ignorarli o liquidarli. E anche in questo caso ha fatto un buon lavoro, con un articolo dettagliato e approfondito.
Chiaro che la posizione politica di AQ è di destra liberale, politicamente opposta a quella liberal dei Dem e della Clinton e più vicina a quella repubblicana e di Trump. E questo emerge nei toni carichi dell’articolo e nell’atteggiamento di chi si aspettava di trovare determinate cose e si sente confermato nelle proprie idee e nei propri giudizi.
Ciò detto, l’articolo è onesto quando scrive che il rapporto non contiene fatti nuovi rispetto a quelli già emersi ormai da anni, ma correttamente non lo tratta come un motivo per liquidarlo: perché è comunque di notevole rilevanza che un procuratore indipendente abbia confermato le ricostruzioni giornalistiche precedenti.
L’articolo dice che l’inchiesta era una montatura messa in piedi dalla Campagna Clinton. Questo può sembrare molto forte, ma è quello che penserebbe qualsiasi persona ragionevole dopo aver letto il rapporto.
Molto onestamente poi riconosce che ci può stare che in campagna elettorale si mettano in giro delle voci, anche false, per danneggiare il proprio avversario. Le indagini sugli avversari politici e questo tipo di operazioni sono abbastanza comuni nella politica americana.
Ma il problema è che questa montatura, come afferma precisamente Atlantico Quotidiano, ha trovato sponde nel governo federale, dando origine a indagini, intercettazioni illegali, leak e campagne di stampa, ad una caccia alle streghe durata quattro anni, e ad un’inchiesta del procuratore speciale Mueller finalizzata a insabbiare le tracce e distruggere la presidenza Trump.
Quello di Atlantico Quotidano per quanto mi riguarda è l’articolo migliore, perché non minimizza, non si abbandona a forzature per far dire al rapporto il suo contrario (come Il Post) e anche se usa toni piuttosto carichi è un articolo onesto che ha semplicemente il coraggio di dire le cose in modo diretto così come stanno.
Il Russiagate ha influenzato le elezioni del 2016 e del 2020, l’intera politica americana e mondiale, è diventato la base e il supporto per molte altre discutibili vicende, perciò mi sfugge come si possa minimizzare la gravità della condotta dell’FBI che, come dettagliano il rapporto e l’articolo, ne ha fatte davvero di ogni. Bene fa Atlantico Quotidiano a insistere su quanto sia grave.
LA RASSEGNA STAMPA
Di seguito una rassegna di come è stato descritto e commentato il Rapporto Durham, dalle agenzie di stampa, e dai giornali di sinistra, centro e destra.
LE AGENZIE STAMPA
ANSA - L’Ansa scrive che l’FBI non doveva avviare l’indagine:
L'Fbi non avrebbe mai dovuto avviare il 'Russiagate', l'inchiesta sui presunti collegamenti tra la campagna di Donald Trump e la Russia nelle elezioni del 2016: è la conclusione del rapporto del procuratore speciale John Durham, nominato dall'allora ministro della giustizia dell'amministrazione Trump per far luce sulle origini dell'inchiesta stessa, dopo che il tycoon l'aveva definita una 'caccia alle streghe'.
ADNKRONOS - L’Adnkronos salta direttamente allo sfogo di Trump e titola: “Russiagate, lo sfogo di Trump: "Noi tutti vittime di una farsa"
"Dopo approfondite ricerche, il procuratore speciale John Durham conclude che l'Fbi non avrebbe mai dovuto avviare l'indagine Russiagate! In altre parole, il pubblico americano è stato truffato, proprio come viene truffato in questo momento da coloro che non vogliono vedere la grandezza per l'America!", ha scritto l'ex presidente americano sul social Truth.
AGENZIA NOVA - Agenzia Nova sottolinea che Durham ha definito “non imparziale” il modo di agire dell’FBI e che però non ha fatto emergere niente di nuovo:
Il documento si limita ad esporre nuovamente alcuni difetti già noti che hanno caratterizzato le indagini e l’inchiesta sul Russiagate, concludendo che l’approccio dell’agenzia non sarebbe stato imparziale. “Durante l’operazione, le autorità hanno deliberatamente ignorato fatti e circostanze che erano inconsistenti con le accuse di collusione tra l’ex presidente Donald Trump, il suo staff elettorale e la Federazione Russa”, ha scritto Durham.
Altre agenzie non sembrano averne parlato al momento in cui scrivo.
LA SINISTRA
A sinistra alcuni giornali (Il Post e Domani) sono andati controcorrente minimizzando il Rapporto, o addirittura affermando che giustificherebbe l’indagine dell’FBI e dimostrerebbe che non vi sia stato alcun complotto contro Trump.
DOMANI - Domani è un altro giornale che minimizza definendo l’inchiesta “vuota” e già che c’è butta in mezzo le accuse di molestie sessuali nel frattempo arrivate a Rudy Giuliani:
L’ex procuratore speciale John Durham ha concluso la sua indagine che avrebbe dovuto scoperchiare la grande cospirazione di Hillary Clinton contro Donald Trump con trecento pagine e un nulla di fatto.
REPUBBLICA - Per Repubblica il risultato è una via di mezzo: il Rapporto afferma che l’indagine non doveva essere aperta, ma allo stesso tempo non contiene prove di alcun complotto.
Dopo quattro anni di inchiesta che avrebbero dovuto scoprire, per Donald Trump, "il più grande crimine del secolo" commesso dall'Fbi, il risultato è una via di mezzo. Il procuratore speciale John Durham, nominato da The Donald per fare luce sull'inchiesta dei federali riguardo le possibili collusioni tra russi e Trump, il cosiddetto Russiagate, ha trovato "gravi" pecche ed errori nell'inchiesta Fbi ma nessuna prova di un possibile complotto.
MANIFESTO - Molto simile anche l’impostazione del Manifesto che titola “Russiagate, l’FBI non aveva prove. Ma contro Trump nessun complotto”
Non ci sono basi per incriminare i funzionari della campagna di Clinton. Nessun deep State ha usato il Federal Bureau come suo braccio armato, quindi, anche se, ha scritto Durham, l’indagine dell’Fbi mancava di «rigore analitico» e i federali, prima di lanciare l’inchiesta, non avevano «reali prove» di collusione tra la campagna elettorale di Trump e la Russia.
IL CENTRO
CORRIERE - Il Corriere riassume il rapporto in modo equilibrato dando un colpo al cerchio e uno alla botte:
Un rapporto molto atteso critica l’Fbi per la sua gestione dell’indagine sui presunti legami tra la Russia e la campagna elettorale di Trump. Nelle 306 pagine il procuratore speciale John Durham dice che l’indagine dell’agenzia mancava di «rigore analitico» e conclude che il Federal Bureau non possedeva «reali prove» di collusione tra la campagna elettorale di Trump e la Russia prima di lanciare la sua inchiesta.
Dopo quattro anni, tuttavia, nota il New York Times, Durham non ha realizzato le aspettative dei trumpiani poiché la sua indagine non ha portato all’incriminazione di funzionari democratici della campagna di Hillary Clinton. I repubblicani alla Camera comunque chiameranno il procuratore speciale a testimoniare davanti al Congresso sul suo lavoro.
IL DUBBIO - Il Dubbio si distingue per una impostazione più favorevole a Trump, titolando: “Russiagate, la vittoria di Trump: il procuratore accusa l’FBI” e scrivendo:
Le conclusioni di Durham però vanno tutte in senso contrario, anzi, criticano fortemente l'operato degli uomini di Pennsylvania Avenue la cui indagine sarebbe stata fortemente condizionata da errori ed omissioni, se non da un pregiudizio politico.
Nello specifico, tra gli errori investigativi commessi, ci sarebbero ripetuti casi di quelli che vengono definiti mancanza di «bias di conferma», cioè di aver ignorato sistematicamente le informazioni che minavano la premessa iniziale dell'indagine. Il rapporto ha rilevato differenze significative nel modo in cui l'FBI aveva gestito l'indagine di Trump rispetto ad altre potenzialmente sensibili, come quelle che coinvolgevano la sua rivale elettorale del 2016 Hillary Clinton.
AVVENIRE - L’Avvenire titola, con un errore nel titolo: “Il rapporto. «Il Fbi non avrebbe dovuto indagare sul Russiagate»”. Poi ripete l’errore nella prima riga dell’articolo🤷:
Il Fbi "non avrebbe mai dovuto aprire il Russiagate", l'inchiesta su Donald Trump e i suoi presunti legami con Mosca nelle elezioni del 2016: è la conclusione del rapporto del procuratore speciale John Durham, nominato dall'amministrazione Trump per far luce sulle origini e la conduzione di quell'inchiesta, dopo che il tycoon era stato scagionato dallo special counsel Robert Mueller in quella che aveva definito "una caccia alle streghe".
La montagna investigativa di Durham, condensata in 300 pagine, sembra aver partorito il classico topolino: quattro anni di indagini con viaggi anche all'estero, compreso quello molto controverso in Italia, 6,5 milioni di dollari spesi, una condanna minore e due assoluzioni, nessuna raccomandazione finale per nuove accuse o "grandi modifiche" su come il Fbi debba gestire le indagini a sfondo politico. Poca roba, rispetto alle attese di Trump e dei suoi alleati, che si aspettavano di smascherare "il crimine del secolo", un complotto del deep state con gli alti ranghi dell'intelligence per far deragliare la candidatura e la presidenza di The Donald.
LA DESTRA
A destra i giornali hanno pestato giù più duro, ma a questo giro mi pare proprio che siano quelli che hanno raccontato meglio la notizia (es. Atlantico Quotidiano e Libero).
IL GIORNALE - Per il Giornale il rapporto finale di Durham inchioda l'FBI, dimostrando che si affidò alle prove ricevute dalla Campagna elettorale di Hillary Clinton:
L'indagine di Durham conclude inoltre che "il personale dell'FBI ha mostrato una grave mancanza di rigore analitico nei confronti delle informazioni che ha ricevuto, in particolare le informazioni ricevute da persone ed entità politicamente affiliate". In particolare, si è fatto affidamento "su indizi investigativi forniti o finanziati (direttamente o indirettamente) dagli oppositori politici di Trump".
LIBERO - Mantiene il suo stile aggressivo abituale, Libero, e scrive testualmente che l’FBI inventò un sacco di balle pur di cercare di rovinare Trump. Sottolinea poi che Durham è sempre stato un procuratore rispettato in modo bipartisan e non può essere liquidato come un uomo di Trump.
Il rapporto che distrugge definitivamente la teoria che per anni ha tenuto banco su tutte le pagine dei giornali costituendo la base per trasformare Trump in un mostro politico, è stato liquidato con un’alzata di spalle.
Eppure in quelle 300 pagine ce n'è di che gridare allo scandalo, o al “tradimento” come ha scritto Trump su sul suo social Truth, e tanto per cominciare val la pena sottolineare che Durham non è affatto uomo di Trump, nessuno ha mai avuto dubbi su di lui, tantomeno i Dem che hanno votato la sua nomina.
Ai tempi sembrava che Trump avesse venduto l’America alla Russia, si parlava di alto tradimento, di impeachment, di infamia per gli Stati Uniti. Non passava giorno che i giornali non titolassero sul tycoon e il Russiagate […]. Poi nel 2019 è arrivato il primo rapporto che scagionava Trump, quello del procuratore Robert Mueller, in cui si sosteneva che non vi fossero prove di collusione fra la campagna di Donald Trump del 2016 e la Russia.
Infine quello di Durham, in cui si va oltre, si dice che l'FBI ha utilizzato «intelligence grezza, non analizzata e non corroborata» per avviare l'indagine “Crossfire Hurricane” (il Russiagate) su Trump e la Russia. E si sottolinea che la stessa FBI ha usato due pesi e due misure quando si trattava della campagna elettorale di Hillary Clinton.
PENSIERI
Non voglio dilungarmi, ma solo condividere al volo alcuni pensieri che la lettura del rapporto Durham e dei commenti della stampa e dei media, italiani e non, mi ha ispirato.
IMHO, la nostra stampa ha fatto abbastanza pena a raccontare il Russiagate, lo scandalo Hunter Biden e la sua censura, i Twitter Files e il rapporto Durham.
Molte di queste notizie, nonostante siano di incredibile importanza, non hanno minimamente ricevuto l’attenzione che meritavano, anche perché non ne sono state chiarite a dovere le implicazioni.
In questa newsletter io mi occupo (mi occuperò) di informazione e disinformazione, libertà di stampa e censura e questa storia ha molto da dire su questi temi.
Ci viene detto che la disinformazione è un pericolo per la democrazia. Il che direi che è vero.
Ma poi ci viene detto che la disinformazione viene dall’estero (le interferenze russe ad esempio), che viene da destra (dai trumpiani e dai loro emuli nostrani), che viene dall’eccessiva libertà della rete che ha dato a qualsiasi fesso la possibilità di pubblicare quello che vuole, compresa ogni sorta di notizia falsa.
E ci vengono presentate come soluzioni: l’affidarsi a fonti di informazione mainstream, come i grandi giornali e le grandi media corporations, e a fonti di informazioni istituzionali; l’implementazione di un esteso sistema di fact-checking; l’adozione di leggi più severe per regolare la rete e la discussione pubblica online, con norme contro le fake news, l’hate speech, etc..
Ma all’elenco di chi fa disinformazione manca decisamente qualcuno! e sono gli stessi che si propongono come soluzione!
Qui - e in moltissimi altri casi - abbiamo l’esempio di una campagna di disinformazione che ha interferito con le elezioni e con la discussione pubblica americani - e non solo americani - portata avanti dai Dem, in collaborazione con varie istituzioni e molti grandi media e social. E che ha contribuito ancora nelle elezioni del 2020 a motivare una nuova interferenza nel processo democratico con la censura da parte di Twitter e Facebook dello scandalo Hunter Biden e del New York Post.
L’atteggiamento di molti dei media mainstream che hanno cavalcato queste storie è di alzare le spalle, minimizzare, negare o far finta di niente. Non è quello di ammettere i propri errori in modo trasparente e responsabile. Ancora meno è quello di chiamare le istituzioni e le parti politiche coinvolte alle loro responsabilità.
Quindi la soluzione di affidare a questi stessi soggetti - istituzioni, apparati statali, partiti, media, social, etc.. - il compito di combattere la disinformazione, con nuove agenzie poliziesche, norme per il controllo politico dell’informazione e della discussione pubblica, nuove restrizioni alla privacy, etc.. appare abbastanza assurda.
Si dice che la disinformazione contribuisca alla polarizzazione e alla perdita d fiducia dei cittadini verso le istituzioni, il processo democratico, i risultati elettorali, e il sistema dei media: vivaddio, sarà vero, ma mi sembra che stiano facendo più che altro tutto da soli.
La stampa deve per quanto possibile essere indipendente e libera per poter svolgere un ruolo di controllo che è anche - essenzialmente - verso il potere politico, le istituzioni, gli apparati statali, le grandi organizzazioni politiche e i grandi potentati che vivono in relazione con loro.
Non può avere senso una soluzione che affronti il problema della disinformazione creando uno stretto legame tra politica, istituzioni, apparati di intelligence, social e mezzi di informazione.
Questo sistema sarebbe la fine di qualsiasi velleità democratica. Non mi pare una gran bella idea abolire la nostra democrazia e la nostra libertà da soli, per impedire che lo facciano “i russi” o per paura dei “novax”.
Il Russiagate e il rapporto Durham per quanto mi riguarda devono servire da accesso a un discorso più ampio su quello che sta accadendo in tutto l’occidente alla libertà di espressione.
In futuro nuovi approfondimenti…