I PERICOLI DELLA LOTTA ALLA DISINFORMAZIONE
Perché il rapporto Durham e l'ultimo scandalo dell'FBI ci offrono un esempio di cosa non va nella lotta alla disinformazione
INDICE:
Il rapporto Durham (qui una analisi in italiano, con i punti chiave del rapporto e la traduzione e il commento del Sommario esecutivo) fa emergere un comportamento grave dell'FBI, della Campagna Clinton e dei Media.
E allora quando sentite dire che la disinformazione è un pericolo per la democrazia pensate a questo: che spesso la fanno le istituzioni, i principali partiti, i media mainstream.
Detto questo, mi concentrerò qui di seguito sul comportamento dell’FBI, e lo userò come esempio di cosa non va nella lotta alla disinformazione.
PUNTI CHIAVE:
Durham ha messo in luce un comportamento grave dell’FBI su vari fronti, tra cui il modo in cui hanno chiesto le autorizzazioni di sorveglianza FISA
Dopo la pubblicazione del rapporto Durham l’FBI ha risposto sostenendo di avere già adottate le necessarie riforme perché questo non potesse più capitare
La stampa ha accettato quanto sostenuto dall’FBI
Nel frattempo è emerso un nuovo scandalo riguardante l’abuso da parte dell’FBI della sorveglianza FISA
L’FBI ha una lunga storia di abusi e “riforme” a cui seguono sempre nuovi scandali
Accettare acriticamente quanto sostiene l’FBI è assurdo
Questo mostra una delle tante cose non vanno con la lotta alla disinformazione:
non si possono accettare come fonti intrinsecamente affidabili le istituzioni, gli apparati statali, gli organismi tecnici, etc..
non si può costruire un apparato di lotta alla disinformazione su questo assunto
sarebbe un apparato di controllo politico della discussione pubblica, censura e propaganda, non di lotta alla disinformazione
questo è esattamente quello che emerge dai Twitter Files e altre inchieste
Le scorrettezze dell’FBI nella richiesta di autorizzazioni FISA durante il Russiagate
Una delle scorrettezze commesse dall'FBI ha riguardato la presentazione di richieste FISA per essere autorizzato a spiare persone della Campagna Trump, come Carter Page.
FISA è l’abbreviazione di “Foreign Intelligence Surveillance Act”, cioè la legge sulla sorveglianza e l’intelligence straniera, che detta le procedure per la sorveglianza fisica ed elettronica per la raccolta delle informazioni di intelligence straniera. La procedura vuole che le richieste di indagine e sorveglianza che coinvolgono agenti stranieri siano autorizzate da una corte apposita, la FISC (Foreign Intelligence Surveillance Court) che supervisiona le richieste di mandati di sorveglianza da parte delle forze dell'ordine e delle agenzie di intelligence federali (come l’FBI) nei confronti di sospetti agenti di intelligence stranieri all'interno degli Stati Uniti. È stata promulgata nel 1978 per arginare il dilagante spionaggio politico illegale scoperto durante l'amministrazione di Richard Nixon.
Nel caso del Russiagate l’FBI ha chiesto e ottenuto il mandato per sorvegliare Carter Page, utilizzando il Dossier Steele, che conteneva informazioni non verificate, raccolte sotto mandato della Campagna Clinton e rivelatesi false, mentre d’altro canto nascose alla corte FISC informazioni discolpanti.
Le richieste FISA contro Page non solo si basavano pesantemente su un dossier privo di qualsiasi fondamento verificato, ma occultavano varie prove a discarico, tra cui la sua precedente collaborazione con la CIA e le dichiarazioni fatte di recente da un informatore dell'FBI sotto copertura.
Page reagì negando immediatamente le accuse e scrisse una lettera a Comey denunciando i "resoconti mediatici completamente falsi" e menzionando i suoi "decenni" di "interazione" con "FBI e CIA". Inoltre, a fine settembre 2019, dopo l’uscita di un articolo su Yahoo News, si dimise dalla campagna.
Tranquilli abbiamo già risolto tutto
Dopo la presentazione del Rapporto Durham, l'FBI ha risposto affermando che consapevole che qualcosa non aveva funzionato nelle proprie procedure durante l'indagine sul Russiagate, aveva già adottato le apposite riforme, per cui il problema era già stato risolto e non sarebbero più stati possibili i comportamenti scorretti messi in luce.
"La condotta del 2016 e del 2017 esaminata dal procuratore speciale Durham è stata la ragione per cui l'attuale leadership dell'FBI ha già implementato decine di azioni correttive, che sono ormai in vigore da tempo. Se queste riforme fossero state attuate nel 2016, i passi falsi identificati nel rapporto avrebbero potuto essere evitati", ha dichiarato l'FBI.
"Questo rapporto rafforza l'importanza di garantire che l'FBI continui a svolgere il proprio lavoro con il rigore, l'obiettività e la professionalità che il popolo americano merita e si aspetta".
Lo stesso rapporto Durham nelle conclusioni non dà indicazione di cambiare le attuali procedure, ma afferma che il punto è applicare quelle esistenti. Nel Sommario Esecutivo, alle Conclusioni Durham afferma che
vi è necessità che l'FBI e il Dipartimento riconoscano che la mancanza di rigore analitico, l'apparente pregiudizio e l'eccessiva disponibilità a fare affidamento su informazioni provenienti da individui collegati ad oppositori politici hanno indotto gli investigatori a non considerare adeguatamente ipotesi alternative e ad agire senza un'adeguata obiettività o moderazione nel perseguire accuse di collusione o cospirazione tra una campagna politica statunitense e una potenza straniera. Pur riconoscendo che col senno di poi tutto è sempre molto più chiaro, gran parte di questo sembra essere stato chiaro anche all'epoca. Riteniamo pertanto importante esaminare i comportamenti passati per individuare le carenze e migliorare il modo in cui il governo svolge le sue funzioni più sensibili.
Non si raccomanda alcun cambiamento radicale nelle linee guida e nelle politiche che il Dipartimento e l'FBI hanno ora in atto per garantire una condotta corretta e responsabile nel modo in cui vengono svolte le attività di controspionaggio.
Piuttosto, il rapporto ha lo scopo di descrivere accuratamente le questioni che ha messo in luce e di assistere il Procuratore Generale nel determinare come il Dipartimento e l'FBI possano fare un lavoro migliore e più credibile nell'adempiere alle proprie responsabilità e nell'analizzare e rispondere ad accuse con una forte carica politica, in futuro.
In definitiva, l'adempimento di tali responsabilità dipende dall'integrità delle persone che prestano giuramento nel seguire le linee guida e le politiche attualmente in vigore, linee guida che risalgono ai tempi del procuratore generale Levi e che sono progettate per garantire il rispetto dello stato di diritto. Dunque, la risposta non è la creazione di nuove regole, ma una rinnovata fedeltà alle vecchie.
E diversi giornali hanno riportato la stessa cosa, ad esempio Il Post:
Grazie a queste indagini precedenti, l’FBI negli scorsi anni aveva avviato un notevole processo di riforma interna per evitare di ripetere gli stessi errori e per riuscire a gestire in maniera più efficace e imparziale le inchieste politicamente sensibili. Anche per questo, alla fine, il rapporto Durham non raccomanda nessun grosso cambiamento al modo in cui l’FBI dovrebbe condurre le indagini da qui in avanti.
L'FBI ha comunicato che nel frattempo erano già stati presi dei correttivi. "Se questi correttivi - hanno spiegato in una lettera inviata al consigliere - fossero stati presi già nel 2016, si sarebbero evitati errori e passi falsi". "Questo - continua l'agenzia - rafforza la convinzione che l'FBI continua a operare con il rigore, l'obiettività e la professionalità che il popolo americano si merita e giustamente si aspetta".
Le conclusioni di Durham sono superate dalla serie di "riforme" ed "azioni correttive" che l'FBI ha rivendicato di aver già intrapreso, ammettendo che "se fossero state in vigore nel 2016 avrebbero evitato alcuni errori identificati nel rapporto".
Il nuovo scandalo
Appena pochi giorni dopo, un documento della corte FISC reso pubblico ha sollevato un nuovo scandalo riguardante il continuo abuso da parte dell'FBI delle ricerche nei database FISA .
La corte ha trovato circa 300.000 casi di mancato rispetto delle norme tra il 2020 e il 2021. Inoltre, ha definito incoraggianti le riforme dell'FBI, ma ha anche aggiunto che
“Tuttavia, i problemi di conformità con l'interrogazione delle informazioni della Sezione 702 si sono dimostrati persistenti e diffusi. Se non saranno sostanzialmente attenuati da queste recenti misure, potrebbe essere necessario prendere in considerazione altre risposte, come ad esempio limitare sostanzialmente il numero di personale dell'FBI che ha accesso alle informazioni della Sezione 702 non minimizzate".
Da quanto è emerso l’FBI ha condotto ricerche abusive nei database frutto della sorveglianza FISA prendendo di mira tra gli altri sospettati di essere coinvolti nei disordini del 6 gennaio, persone che hanno protestato per la morte di George Floyd, vittime di vari crimini, e i donatori di un candidato al Congresso.
La sezione 702
La Sezione 702 è una delle parti più contestate del “Foreign Intelligence Surveillance Act” e consente al governo di raccogliere - sul territorio nazionale e senza un mandato - le comunicazioni di persone straniere rivolte all'estero, anche quando queste persone interagiscono con gli americani, concedendo l’immunità alle società di telecomunicazioni per la loro cooperazione attiva con le autorità.
In base a questa legge, l'NSA può ordinare ai servizi di posta elettronica come Google di consegnare copie di tutti i messaggi presenti negli account di qualsiasi utente straniero e agli operatori di rete come AT&T di intercettare e fornire copie di tutte le telefonate, gli sms e le comunicazioni Internet da o verso un obiettivo straniero.
Tutti i dati così raccolti finiscono in un database su cui gli agenti possono fare ricerche solo seguendo determinate procedure di garanzia verso i cittadini. Teoricamente.
La Sezione 702 è una eredità dell’11 settembre e delle misure “di sicurezza” prese dopo l’attentato alle torri gemelle, tra cui un programma di spionaggio illegale sugli americani.
Dopo gli attentati dell'11 settembre, il presidente George W. Bush ordinò, in segreto, un programma di intercettazioni senza mandato con il nome in codice di Stellarwind. Tale programma violava il Foreign Intelligence Surveillance Act del 1978, o FISA, che in genere rendeva necessaria l'autorizzazione di un giudice per le attività di sorveglianza sul territorio nazionale.
Con la Sezione 702 il Congresso ha sanato quella situazione, legalizzando sostanzialmente una forma di quel programma.
Quando il Bureau intercetta le telefonate, gli sms e le e-mail di stranieri al di fuori degli Stati Uniti, raccoglie anche i dati degli americani che questi obiettivi stranieri contattano. Questo può aiutare l'FBI a scoprire i contatti americani di questi soggetti.
Tuttavia, in questo modo l'FBI ha anche il potere di spiare senza mandato i cittadini statunitensi che contattano obiettivi stranieri, siano essi coinvolti o meno in attività criminali.
"I problemi per le libertà civili degli americani si verificano quando le persone all'estero chiamano qualcuno negli Stati Uniti", ha dichiarato Matthew Guariglia, analista senior della Electronic Frontier Foundation. "Poiché ci sono così tante comunicazioni internazionali, si crea un'enorme quantità di informazioni su persone statunitensi e non statunitensi che l'FBI archivia tutte negli stessi database".
Database dove poi gli agenti dell'FBI cercano abitualmente, senza controllo giudiziario.
Tutto questo nonostante lo scopo dichiarato della FISA sia quello di essere uno strumento di sorveglianza internazionale, non un programma di spionaggio interno. La sorveglianza FISA non richiede un mandato perché si concentra su soggetti stranieri, ma l'FBI ha puntato questo strumento verso i cittadini statunitensi, violando il Quarto Emendamento della Costituzione americana.
IV Emendamento
Il diritto dei cittadini di godere della sicurezza personale, della loro casa, delle loro carte e dei loro beni, nei confronti di perquisizioni e sequestri ingiustificati non potrà essere violato; e non si emetteranno mandati giudiziari se non su fondati motivi sostenuti da giuramento o da dichiarazione solenne e con descrizione precisa del luogo da perquisire e delle persone da arrestare o delle cose da sequestrare.
Una lunga storia di scandali
Il “Foreign Intelligence Surveillance Act” ha avuto origine nel 1978 per arginare il dilagante spionaggio politico illegale scoperto durante l'amministrazione di Richard Nixon (deriva in parole povere dal Watergate).
Dopo gli attentati dell'11 settembre, l'amministrazione di George W. Bush decise che il Presidente aveva il diritto di ordinare alla National Security Agency di raccogliere le mail e altri dati degli americani senza un mandato.
Dopo che il New York Times rivelò questo schema di sorveglianza alla fine del 2005, il procuratore generale Alberto Gonzales annunciò che "il Presidente ha l'autorità intrinseca della Costituzione, come comandante in capo, di impegnarsi in questo tipo di attività", dimenticandosi il procedimento di impeachment del Congresso contro il presidente Nixon.
La Casa Bianca di Bush affermò anche che la risoluzione "Autorizzazione all'uso della forza militare" approvata dal Congresso nel settembre 2001 autorizzava Bush a mettere sotto controllo i telefoni degli americani. Ma se l'autorizzazione permetteva davvero al Presidente di fare tutto quanto ritenesse necessario sul fronte interno, allora gli americani hanno vissuto sotto la legge marziale.
I giudici federali per fortuna non furono d'accordo con Bush e la sua pretesa di poter azzerare la privacy degli americani. Il risultato fu la riforma FISA del 2008 che autorizzò i federali a continuare a requisire grandi quantità di dati. Ma con una limitazione: in base alla sezione 702, l'FBI era autorizzata a condurre ricerche senza mandato su quei dati solo per cercare informazioni di intelligence straniera o prove di crimini.
Il Presidente Barack Obama rispose alla nuova legge ampliando notevolmente i sequestri di dati personali degli americani da parte della NSA. Il Washington Post definì il primo mandato di Obama come "un periodo di crescita esponenziale della raccolta di dati nazionali da parte della NSA". Il Dipartimento di Giustizia di Obama ostacolò le sfide giudiziarie contro questa sorveglianza, e così permise alla Casa Bianca di affermare che stava rispettando i diritti e la privacy degli americani.
Edward Snowden fece poi saltare il tetto dello Stato di sorveglianza con le sue rivelazioni, a partire dal giugno 2013 (ricordiamo: lavorando insieme al giornalista Glenn Greenwald). Ma non c'è motivo di presumere che questi abusi criminali da parte dei federali non si verificassero già da prima che Snowden facesse la spia. In un articolo del 2013 su Foreign Policy, il professor David Rothkopf ha spiegato come funzionava la Sezione 702 della FISA:
Perché, ovviamente, la domanda cruciale da porsi è cosa sacrifichiamo quando abbracciamo il tipo di programmi preventivi e onnicomprensivi per la raccolta dei metadati delle chiamate telefoniche o del traffico mail che si sono rivelati in corso da anni nell'America post 11 settembre[…]
In primo luogo, abbiamo la totale cancellazione dei diritti fondamentali e presunti alla privacy che sono alla base del nostro ordine sociale e che erano un obiettivo del sistema immaginato dai nostri padri. Ne dubitate? Cosa succederebbe se i funzionari governativi venissero a casa vostra e vi dicessero che raccoglieranno tutti i vostri documenti e li terranno al sicuro, nel caso ne avessero bisogno in futuro. Ma non preoccupatevi, vi offrirebbero, in modo non molto confortante, che non aprirebbero le scatole fino a quando non avranno un'ordinanza segreta del tribunale governativo... un giorno o l'altro, a vostra insaputa. Voi considerereste e dovreste considerare questa una grave violazione dei vostri diritti.
Dopo la riforma del 2008, il Washington Post analizzando160.000 mail segrete, intercettate dalla NSA e fornite da Snowden, scoprì che nove titolari di account su dieci non erano "gli obiettivi di sorveglianza previsti, ma sono stati catturati in una rete che l'agenzia aveva gettato per qualcun altro". Quasi la metà degli individui i cui dati personali sono stati inavvertitamente requisiti erano cittadini statunitensi. I file "raccontano storie d'amore e di crepacuore, di relazioni sessuali illecite, di crisi mentali, di conversioni politiche e religiose, di ansie finanziarie e di speranze deluse", secondo il Post.
Quindi abbiamo lo scandalo Nixon e la successiva riforma (il FISA), lo scandalo Bush e la successiva riforma (la Sezione 702), le rivelazioni di Snowden, il Russiagate e la successiva riforma, l’ultimo scandalo riguardante 2020 e 2021, e il rapporto Durham che ci dice che è tutto a posto, l’FBI si è riformato.
E abbiamo la prova che un programma di intercettazione rivolto all’intelligence straniera sorvegliava per la maggior parte cittadini americani che non erano gli obiettivi di sorveglianza previsti, e che l’FBI accedeva ai dati accumulati in barba alle regole, continuando a commettere abusi e a violare la Costituzione americana dopo ogni riforma.
Ma tranquilli abbiamo già risolto tutto!
Ma tutto questo non basta ancora, come ha ricordato Jim Bovard in un bell’articolo su questo nuovo scandalo:
Nel 2002, il tribunale FISA ha rivelato che gli agenti dell'FBI avevano presentato affermazioni false o fuorvianti in 75 casi e a un alto funzionario dell'FBI addetto all'antiterrorismo è stato proibito di presentarsi di nuovo davanti al tribunale.
Nel 2005, il giudice capo della FISA Colleen Kollar-Kotelly ha proposto di richiedere agli agenti dell'FBI di giurare sull'accuratezza delle informazioni presentate; ciò non è mai avvenuto perché avrebbe potuto "rallentare drasticamente tali indagini", ha riportato il Washington Post. Così gli agenti dell'FBI hanno continuato ad avere la licenza di sfruttare la segretezza FISA per mentire ai giudici.
Nel 2017, una decisione del tribunale FISA includeva una litania di 10 pagine di violazioni dell'FBI, che "andavano dalla condivisione illegale di informazioni grezze con terze parti non autorizzate all'accesso a comunicazioni privilegiate intercettate tra avvocati e clienti senza un'adeguata supervisione".
Nel 2018, una sentenza della FISA ha condannato l'FBI per aver ignorato i limiti sulle "ricerche irragionevoli". Come ha osservato il New York Times, "gli agenti dell'FBI avevano effettuato diverse ricerche su larga scala di americani che rientravano genericamente in ampie categorie... a patto che gli agenti avessero motivo di credere che qualcuno all'interno di quella categoria potesse avere informazioni rilevanti. Ma [secondo il FISA] deve esserci una ragione specifica e individuale per cercare le informazioni di un particolare americano".
Nell'aprile del 2021, il tribunale FISA ha riferito che l'FBI ha condotto ricerche senza mandato nell'archivio di dati per "terrorismo interno", "corruzione e concussione pubblica", "frode sanitaria" e altri obiettivi, tra cui spiccano persone che hanno segnalato all'FBI dei reati e persino riparatori entrati negli uffici dell'FBI. Se avete cercato di denunciare un crimine all'FBI, un agente dell'FBI potrebbe aver sorvegliato illegalmente la vostra mail. Anche se vi siete semplicemente offerti volontari per il programma "Citizens Academy" dell'FBI, l'FBI potrebbe aver tracciato illegalmente tutte le vostre attività online. Come ho twittato dopo l'uscita del rapporto, "La Corte FISA è passata dal fingere che le violazioni dell'FBI non si verifichino al fingere che tali violazioni non siano importanti. L'unico compito rimastole è quello di smettere di fingere che gli americani abbiano un diritto costituzionale alla privacy". Il giudice capo della Corte FISA, James Boasberg, ha lamentato "apparenti violazioni diffuse" delle restrizioni legali per le ricerche dell'FBI, ma ha fatto finta di niente e ha permesso che la perlustrazione dei dati personali degli americani continuasse.
Ma davvero credetemi potete stare tranquilli abbiamo già risolto tutto!
Una stampa di regime
Ora alla luce di tutto questo, si può accettare acriticamente quanto sostenuto dall’FBI dopo il rapporto Durham? No, evidentemente.
Non si può minimizzare il rapporto, sostenendo che l’FBI si sia già riformato. Uno, perché le due cose non c’entrano, quanto documentato sui comportamenti tenuti nell’indagine del Russiagate prima delle riforme è gravissimo, e nessuna successiva riforma può cambiare il passato. Due, perché le riforme dell’FBI non sono credibili, e la cosa più probabile è che continuino a commettere abusi.
Il ruolo della stampa e dei media, come ci insegnano giornalisti come Glenn Greenwald, che lavorò insieme a Snowden per far emergere le sue rivelazioni, o come Matt Taibbi e Michael Shellenberger che di recente, insieme ad altri, hanno scoperchiato i Twitter Files, deve essere quello di prendere con scetticismo e diffidenza le affermazioni di auto assoluzione delle agenzie di sicurezza e di intelligence, come l’FBI. Anzi di ogni istituzione e di ogni politico. Di sottoporle a un continuo scrutinio. Di ricordare al pubblico la loro storia di menzogne, ipocrisie, abusi, crimini, e violazioni della legge e della Costituzione. Non certo, di credere loro sulla parola. Perché è ampiamente dimostrato che la loro parola non vale niente. E la stampa deve vigilare sui diritti e le libertà dei cittadini, contro gli abusi dei potenti. Parte del suo ruolo nella discussione pubblica deve essere quello di informare i cittadini, rivelando informazioni su cosa combinano questi potenti apparati statali e politici, anche contro la loro volontà. Il ruolo dei media di fatto prevede almeno in parte una sorta di antagonismo con essi.
Una stampa che accetti acriticamente, come fossero affidabili in quanto istituzionali e ufficiali, le dichiarazioni dei potenti figuri degli apparati statali, in particolare dell’intelligence, della polizia, della difesa, ma anche delle autorità sanitarie per es. o dei vari organismi tecnici, è una stampa che viene meno al suo ruolo, e che anziché salvaguardare le libertà e i diritti dei cittadini si fa stampa di regime.
Una spiegazione nel caso del Russiagate e del rapporto Durham sta ovviamente nel fatto che per molti dare contro a Trump è diventato più importante di qualsiasi altra cosa. E pur di dare contro a Trump, hanno sostenuto per anni notizie false, male informato i lettori, rifiutato di correggere il tiro anche davanti all'evidenza, e sono finiti a fare da scudo a qualsiasi comportamento scorretto purché rivolto contro Trump.
I pericoli della “lotta alla disinformazione”
Quando sentite dire che la disinformazione è un pericolo per la democrazia pensate a questo: che spesso la fanno le istituzioni, i principali partiti, i media mainstream.
Con il Russiagate è andata proprio così: le informazioni false del Dossier Steele, quelle su Alpha Bank, le scorrettezze nelle richieste FISA e tutto il resto sono stati opera congiunta in vario modo dell’opera della Campagna Clinton, dell’FBI, dei media mainstream, del Partito Democratico, etc..
Quando vi propongono questo schemino, ricordatevi che è falso:
Media mainstream, fonti istituzionali → affidabili
VS
Media indipendenti e fonti alternative → inaffidabili
E che concedere loro quest'aura di maggiore affidabilità non è saggio.
Il fatto che l'FBI non sia affidabile è solo un esempio, ma dimostra che non si può assumere che le istituzioni siano affidabili e prendere ciò che affermano come sicuro in contrapposizione a ciò che sostengono fonti alternative.
L'alternativo, libertario, Jim Bovard, che attualmente scrive per il New York Post, ha sempre avuto più ragione nel suo scetticismo di altri ben più blasonati giornalisti mainstream.
I maggiori giornalisti che hanno visto giusto sul Russiagate - come ha ricostruito Jeff Gerth in un lungo e dettagliato reportage per la Columbia Journalism Review - sono Glenn Greenwald, Matt Taibbi, Aaron Maté e Masha Gessen.
Taibbi, come Glenn Greenwald, all'epoca a The Intercept, e Aaron Mate, all'epoca a The Nation, hanno lasciato i propri giornali e proseguito come giornalisti indipendenti, per poter raccontare liberamente questa e altre storie.
Oggi sono su Substack, Rumble, Local, e altri outlet e piattaforme, fuori dalle grandi media corporations, mentre i media mainstream li attaccano quotidianamente, li dipingono come estremisti di destra, e lanciano anatemi e scomuniche contro di loro.
Taibbi sul Russiagate ha dichiarato:
"È stato un momento che ha cambiato la mia carriera", dichiarò in seguito in un'intervista, “l'approccio più neutrale al giornalismo finì completamente fuori dalla finestra una volta che Trump venne eletto. Le ripercussioni da affrontare per dire pubblicamente qualcosa di non allineato con la narrazione, divennero enormi."
In proprio, come giornalisti indipendenti, hanno aiutato queste piattaforme a crescere, hanno ispirato una miriade di altri giornalisti a seguire le loro orme - Lee Fang, Rav Arora, Michael Shellenberger, Michael De Tracey, Freddy De Boer, Bari Weiss, David Zweig, Andrew Lowenthal, Jesse Singal, Alex Berenson, Seymour Hersh, CJ. Hopkins e moltissimi altri - e hanno portato alla luce storie di enorme portata come i Twitter Files.
Un’altra storia estremamente sotto riportata dalla nostra stampa e da tutti i media mainstream, che è stata raccontata principalmente da Matt Taibbi e Michael Shellberger, e che ha rivelato l’integrazione tra apparati di sicurezza americani, FBI in testa - sì sempre lui - e social network, con i primi che passavano a Twitter (e ad altri social) gigantesche liste di account e post da censurare, blacklistare, etc.. inoltrando richieste ricevute da tutte le agenzie di sicurezza, dalle agenzie sanitarie, da esponenti di varie amministrazioni politiche e altri soggetti ancora.
Una storia che dimostra precisamente, insieme a tante altre, che - nell’indifferenza e nella collaborazione dei media mainstream e della stampa - sotto la bandiera della lotta alla disinformazione si sta combinando ben altro.
Nell’istituzionalizzare la lotta alla disinformazione si sta promuovendo un processo di integrazione tra apparati statali e grandi aziende private, legando sempre più, direttamente o indirettamente, l’informazione, i social, i media, le aziende tech, i motori di ricerca, gli app store e persino le aziende che si occupano di pagamenti elettronici, alle istituzioni e agli apparati statali.
Si sta di fatto costruendo non una lotta alla disinformazione, ma un gigantesco apparato di controllo della discussione pubblica e dell'informazione. Che è una cosa completamente diversa. E non è una cosa democratica.