SUBSTACK E I NAZISTI
Da novembre si è sviluppata una discussione intorno alla presenza di alcuni autori di estrema destra / neonazisti su Substack, a cui molti chiedono di cambiare approccio alla moderazione
Jonathan M. Katz: Substack ha un problema di nazisti
Il 18 novembre The Atlantic ha pubblicato un articolo di Jonathan M. Katz intitolato “Substack Has a Nazi Problem”, criticando la linea di moderazione lassista di Substack e denunciando che
sotto la superficie, la piattaforma è diventata una casa e un mezzo di diffusione per la supremazia bianca e l'antisemitismo.
e di aver trovato almeno 16 newsletter di questo tipo:
Almeno 16 delle newsletter che ho esaminato presentano simboli nazisti evidenti, tra cui la svastica e il sonnenrad, nei loro loghi o in grafiche di rilievo.
A seguito di questo articolo è nato un dibattito, che ha visto scontrarsi diverse prospettive e dove ognuno ha cercato di tirare dalla sua parte, con lettere, appelli, firme, minacce di lasciare la piattaforma, etc..
Meno censura, più fiducia
Il punto di partenza è la posizione di Substack sulla moderazione, di cui mi sono occupato io stesso in passato:
A distinguere Substack non sono solo il design user-friendly pulito e piacevole che gli garantisce una notevole facilità d’uso tanto per gli autori che per i lettori, e il modello di business estremamente semplice e intuitivo, ma anche le sue scelte di moderazione.
Substack è diventato subito un posto adatto per scrivere riflessioni più lunghe, complesse, articolate e approfondite di quelle che si scrivono generalmente sui social, anche perché ha scelto un approccio alla moderazione minimal.
Su Substack sostanzialmente si può scrivere liberamente, si può scrivere di tutto, si possono affrontare argomenti controversi ed esporre opinioni minoritarie, senza paura di venire improvvisamente bloccati senza una spiegazione, demonetizzati o subire uno “shadow ban” (una riduzione della visibilità applicata senza informare il soggetto bannato).
Questo approccio è allo stesso tempo un buon approccio dal punto di vista politico democratico-liberale, perché difende la libera discussione pubblica che è il nocciolo di un sistema democratico, e un buon piano di business.
Una posizione che i tre fondatori stessi hanno spiegato in un articolo, significativamente intitolato “La società ha un problema di fiducia. Un'ulteriore censura non farà che peggiorare la situazione”:
Di fronte alle crescenti pressioni per censurare i contenuti pubblicati su Substack che ad alcuni sembrano dubbi o discutibili, la nostra risposta rimane la stessa: prendiamo decisioni basate sui principi e non sulle pubbliche relazioni, difendiamo la libera espressione e ci atteniamo al nostro approccio non vincolante sulla moderazione dei contenuti. Pur avendo delle linee guida sui contenuti che ci permettono di proteggere la piattaforma nei casi estremi, considereremo sempre la censura come l'ultima risorsa, perché crediamo che un discorso aperto sia meglio tanto per gli scrittori che per la società.
Questa posizione ha alcune scomode conseguenze. Significa che permettiamo agli autori di pubblicare ciò che vogliono e ai lettori di decidere da soli cosa leggere, anche quando il contenuto è sbagliato o offensivo, e anche quando questo significa sopportare la presenza di scrittori con i quali siamo in forte disaccordo. Ma crediamo che questo approccio sia un prerequisito necessario per costruire la fiducia nell'ecosistema dell'informazione nel suo complesso. Più le istituzioni potenti tentano di controllare ciò che può o non può essere detto in pubblico, più persone saranno pronte a creare narrazioni alternative su ciò che è "vero", spinte dalla convinzione che ci sia una cospirazione per sopprimere le informazioni importanti. [..]
Stiamo vivendo un'epidemia di sfiducia, soprattutto negli Stati Uniti. La fiducia nei social media e nei media tradizionali è ai minimi storici. La fiducia nel governo federale degli Stati Uniti per la gestione dei problemi è quasi ai minimi storici. La fiducia nelle principali istituzioni statunitensi è a meno di 2 punti percentuali dal minimo storico. Le conseguenze sono profonde.
Il calo della fiducia è sia una causa che un effetto della polarizzazione, che riflette e dà origine a condizioni che compromettono ulteriormente la nostra fiducia reciproca e nelle istituzioni. Questi effetti sono particolarmente evidenti nei nostri luoghi di ritrovo digitali. Per mantenere il favore del proprio gruppo, è necessario difendere la propria parte, anche quando ciò significa essere selettivamente onesti o iperbolici, e anche se ciò significa privilegiare le narrazioni cospiratorie rispetto alla ricerca della verità. [..]
I nostri sistemi informativi non hanno creato questi problemi, ma li accelerano. In particolare, i social media che amplificano i contenuti controversi contribuiscono all'intensificazione e alla diffusione della sfiducia. Allo stesso tempo, aumentano la pressione sui media tradizionali - stampa tradizionale, notiziari televisivi, radio - affinché si contendano l'attenzione a tutti i costi, con conseguenze simili. Le persone iniziano a fissarsi sul bollare gli avversari come venditori di pericolosa disinformazione, minacce alla democrazia, terroristi e ciarlatani. Nella frenesia di uccidere tutti i mostri, continuiamo a crearne altri e ad alimentarli. Nel frattempo, la gamma dei punti di vista e delle voci accettabili all'interno di ciascun gruppo si restringe sempre di più.
È in questo ambito che speriamo di dare un contributo con Substack. Mentre l'economia dell'attenzione genera potere sfruttando gli impulsi di base e i momenti di attenzione, una sana economia dell'informazione trarrebbe potere dalla forza e dalla qualità delle relazioni che si costruiscono nel tempo. La forza di queste relazioni dipenderebbe dal fatto che gli scrittori e i lettori non si sentono imbrogliati, coccolati o accondiscendenti. Sapere di essere su una piattaforma che difende la libertà di espressione può dare agli scrittori e ai lettori una maggiore fiducia nel fatto che le loro fonti di informazione non siano manipolate in qualche modo oscuro. In parole povere: la censura delle cattive idee rende le persone meno propense, non più propense, a fidarsi delle buone idee.
Vediamo ora una selezione dei diversi punti di vista e dei diversi autori che si stanno affrontando sulla questione..
Dare una piattaforma ai nazisti fa parte della vostra visione?
All’articolo di Katz ha fatto seguito una lettera, pubblicata il 21 dicembre, firmata e riproposta da vari autori (247 per la precisione) presenti su Substack, con il nome collettivo di “Substackers Against Nazis”, che inizia così:
Cari Chris, Hamish e Jairaj,
Stiamo ponendo una domanda molto semplice che in qualche modo è stata resa complicata: perché state dando una piattaforma e monetizzando i nazisti?
Secondo un articolo scritto dall'autore di Substack Jonathan M. Katz e pubblicato da The Atlantic il 28 novembre, questa piattaforma ha un problema di nazismo..
E si conclude con:
Come ha scritto il giornalista Casey Newton ai suoi oltre 166.000 abbonati su Substack dopo la pubblicazione del pezzo di Katz: "Il numero corretto di newsletter che utilizzano simboli nazisti e che voi ospitate e di cui approfittate sulla vostra piattaforma è zero".
Noi, i vostri autori, vogliamo sentire il vostro parere sulla newsletter ufficiale di Substack. Dare una piattaforma ai nazisti fa parte della vostra visione di successo? Fatecelo sapere: da lì potremo decidere se questo è ancora il nostro obiettivo.
Substack: grazie del contributo, restiamo del nostro parere
Sempre il 21 dicembre Substack ha risposto con un post di Hamish McKenzie, cofondatore della piattaforma e Chief Writing Officer.
Ciao a tutti. Chris, Jairaj e io volevamo farvi sapere che abbiamo sentito e ascoltato tutte le opinioni espresse su come Substack dovrebbe pensare alla presenza di voci estremiste sulla piattaforma (e in particolare, in questo caso, di opinioni naziste).
Vorrei solo chiarire che nemmeno a noi piacciono i nazisti - vorremmo che nessuno avesse queste opinioni. Ma alcune persone hanno queste e altre opinioni estreme. Per questo motivo, non pensiamo che la censura (anche attraverso la demonetizzazione delle pubblicazioni) sa far sparire il problema, riteniamo anzi che lo peggiori.
Crediamo che sostenere i diritti individuali e le libertà civili, sottoponendo le idee a un dibattito aperto, sia il modo migliore per privare le cattive idee del loro potere. Ci impegniamo a sostenere e proteggere la libertà di espressione, anche quando fa male. Come ha notato Ted Gioia, la storia dimostra che la censura è usata con maggior forza dai potenti per mettere a tacere i deboli.
Le nostre linee guida sui contenuti prevedono delle restrizioni ben definite, tra cui una clausola che vieta l'incitamento alla violenza. Continueremo a far rispettare attivamente queste regole, offrendo al tempo stesso strumenti che consentano ai lettori di curare le proprie esperienze e di entrare nelle comunità che preferiscono. Inoltre, ci atterremo al nostro approccio decentralizzato alla moderazione dei contenuti, che dà potere a lettori e scrittori. Anche se non tutti sono d'accordo con questo approccio, molti lo sono, come dimostra il post di Elle Griffin in difesa della moderazione decentralizzata su Substack, che è stato firmato e approvato da centinaia di scrittori della piattaforma, tra cui alcuni dei nomi più importanti del giornalismo, della letteratura e del mondo accademico (vedi il post di Elle qui sotto). Tuttavia, anche se fossimo in minoranza, continueremmo a credere in questi principi.
Elle Griffin: Substack non dovrebbe decidere cosa leggiamo
Ancora prima della lettera e della risposta di Substack, Elle Griffin, autrice della newsletter The Elysian ha risposto a Katz con un articolo intitolato “Substack shouldn’t decide what we read”.
Nel mezzo del pantano, Substack è emerso come un faro per la scrittura e la discussione. Era un giardino di apprendimento, dove potevo trovare e seguire artisti e intellettuali, dove potevo studiare la prosperità umana da alcune delle migliori menti che la perseguono.
Ma appena fuori dalle mura, il resto di Internet sta facendo pressione su Substack affinché si comporti come le altre piattaforme di social media. Dopo la recente pubblicazione di un articolo di opinione su The Atlantic che criticava le voci marginali sulla piattaforma, molti scrittori di Substack hanno iniziato a chiedere la moderazione. Vogliono che sia la piattaforma a decidere chi può dire cosa e chi può esservi presente.
Ma io, e gli scrittori che hanno firmato questo post, siamo tra coloro che sperano che Substack non cambi la sua posizione sulla libertà di espressione, anche a fronte di pressioni in tal senso.
Perché l'abbiamo già visto in passato e non ha funzionato. Altre piattaforme di social media hanno attivamente dato spazio a un'enorme quantità di contenuti divisivi, e la moderazione si è ridotta a società private che decidono chi deplodare in base alla propria agenda. Facebook ha lottato contro i discorsi d'odio e la disinformazione, indipendentemente dai tentativi fatti con le sue politiche di moderazione, e i moderatori di Twitter hanno soppresso attivamente le storie che avrebbero potuto influenzare le elezioni imminenti, oltre ad altre discrepanze.
Non c'è dubbio che su Internet ci siano molti contenuti odiosi. Ma Substack ha trovato la soluzione migliore: Dare agli scrittori e ai lettori la libertà di parola senza renderla pubblica alle masse. Nella vostra casella di posta Substack riceverete solo le newsletter a cui vi siete abbonati. Che siate lettori o scrittori, è improbabile che riceviate contenuti odiosi se non li seguite. [..]
La maggior parte dei lettori di Substack si abbona a una newsletter via mail e non vede mai nulla se non le e-mail degli scrittori a cui si abbona. Il 96% dei miei abbonati legge via mail, non tramite l'app, e forse non sa nemmeno che pubblico la mia newsletter utilizzando una piattaforma chiamata Substack. Come potrebbero imbattersi in contenuti d’odio su Substack?
L'autore del recente articolo dell'Atlantic ha indicato un modo: andare a cercarli attivamente. Ammette di aver trovato "newsletter di stampo suprematista bianco, neoconfederato ed esplicitamente nazista" effettuando una "ricerca sul sito web di Substack e sui canali Telegram estremisti". Ma questo non fa che confermare il mio punto di vista: se volete trovare contenuti di odio su Substack, dovete andare a cercarli su canali di chat estremisti di terze parti, perché a differenza di altre piattaforme di social media, su Substack non appaiono semplicemente nel vostro feed.
Una cosa che i media mainstream non capiscono: Substack non è una piattaforma, ma migliaia di piattaforme, e voi potete scegliere di quali far parte. E Substack ha ideato un modo efficace per moderare queste piattaforme: invece di affidarsi all'azienda per assumere un team di moderatori, Substack ha democratizzato il processo, dando il pieno controllo della moderazione agli scrittori.
Il post è stato firmato da autori di tutto lo spettro politico, da Bari Weiss, a Edward Snowden, da Freddie deBoer a Glenn Loury, da Greg Lukianoff a Jay Bhattacharya, da Kostantin Kisin a Lee Fang, da Matt Taibbi a N.S. Layon, da Peter Boghossian a Rav Arora, da Razib Khan a Richard Dawkins, da Sarah Haider a Slavoj Žižek e tanti altri (la lista completa in fondo al post di Elle Griffin).
Freddie De Boer: queste regole sembrano arbitrarie e incoerenti
Un altro autore molto seguito, Freddie deBoer, l’1 gennaio ha risposto a sua volta, dopo aver firmato il post di Elle Griffin, con un articolo intitolato “These Rules About Platforming Nazis Sure Seem Arbitrary and Incoherent!”, notando che:
Una parte fondamentale del punto è che, come dimostra l'ultimo decennio e mezzo, i liberal contemporanei hanno una visione incredibilmente vasta di cosa sia un fascista. Io sono un marxista pro-choice, pro-riparazioni, pro-diritti dei trans, pro-Palestina, pro-redistribuzione, e vengo abitualmente chiamato fascista dal tipo di persone che stanno spingendo questa linea. Vi assicuro che se Substack iniziasse a bandire chi è “letteralmente un nazista”, le persone farebbero ogni sforzo per includermi - è già successo in passato su altre piattaforme - e se questo sforzo si verificasse, molte persone che spingono la linea del "stiamo parlando solo di nazisti letterali" non avrebbero problemi a spingere per la mia deplorazione. Perché "solo chi è letteralmente nazista", ma poi "beh, Tucker Carlson è fondamentalmente un nazista" e poi "beh, Sean Hannity è proprio come Tucker" e poi "beh, Glenn Greenwald è irritante" e subito dopo chiunque non abbia un pupazzo di Obama sul cruscotto viene bandito da queste piattaforme.
Non si può eliminare l’estremismo con la censura, e questa è un'affermazione che descrive la realtà, non ciò che "dovrebbe" essere. Vi consiglio vivamente di cliccare sul link. La questione se dovremmo censurare le figure di estrema destra da internet è irrilevante di fronte al fatto che non possiamo farlo. Come sottolineavo in quel pezzo, Germania e Francia hanno leggi molto aggressive contro il nazismo, e non hanno mai smesso di avere un problema nazista significativo nelle loro società. Queste leggi non funzionano! Il flusso di informazioni non può essere fermato, soprattutto nell'era di internet! Non siamo riusciti a bloccare le comunicazioni dell'ISIS. La Cina, una delle società più repressive e tecnologicamente più avanzate del pianeta, non è riuscita a bloccare le comunicazioni digitali di attivisti e gruppi di resistenza. Ci sarà sempre, sempre, sempre qualche server farm sommaria in Cecenia che ospiterà queste persone, e ci saranno sempre scambi di criptovalute indonesiani senza indirizzo fisico che faciliteranno i pagamenti per loro. Se non possono fermare i terroristi, vi assicuro che non possono fermare le truffe della "manosfera". Qualsiasi speranza di controllo totale dell'informazione è morta il giorno in cui qualche professore di informatica ha scoperto come inviare porno ASCII a un collega. Cosa vi serve per capire che non c'è un pulsante da premere per far tacere tutti i nazisti?
Inoltre, nota Freddie, la gran parte dei servizi dove atterrano gli autori “indignati” con Substack dopo averlo lasciato hanno lo stesso problema, come Ghost:
Ad esempio, Nathan Tankus di Notes on the Crises, un blogger di economia, ha portato la sua newsletter su Ghost in modo molto rumoroso e ostentato a causa della presunta transfobia di Substack. Questo ha suscitato una discussione su Substack, ma probabilmente avrebbe dovuto puntare i riflettori su Ghost, che è stato progettato per non consentire alcuna moderazione centrale e quindi ospita certamente transfobia e ogni sorta di altri contenuti sgradevoli.
o Wordpress:
Wordpress? Davvero? La spina dorsale di una vasta parte dei contenuti scritti sul web, e quindi certamente un ricettacolo anche di contenuti di estrema destra? Non parliamo solo di Wordpress gestito su server privati, ma di Wordpress.com, che è ospitato da Wordpress stesso. Ecco il blog West Hunter. Non vorrei mai censurare questo blog perché non vorrei censurare nessun blog, ma lasciatemi dire che è un posto davvero brutto! È stato scritto dal defunto Henry Harpending, considerato un nazionalista bianco dall'SPLC, e da Gregory Cochran, un fisico che a) spinge la scienza razziale e b) crede che l'omosessualità si diffonda in modo patogeno. Questi sono certamente i tipi di persone che Katz vorrebbe allontanare da Substack, se fossero lì. Invece non solo usano un'installazione di Wordpress, ma sono ospitati da Wordpress - che viene spesso celebrato come un'alternativa più pura e progressista a Substack!
o Blogger:
Il servizio Blogger di Google? Anche se non vi scrive più da anni, il blog del noto sostenitore della scienza razziale Steve Sailer è ospitato su Blogger. Sono sicuro che ci sono molti, molti altri esempi per ogni servizio di blogging.
La conclusione è che
Cosa dobbiamo concludere dal fatto che così tante piattaforme importanti ospitano contenuti offensivi? Che dobbiamo essere molto più aggressivi nel ripulire il vecchio web, al diavolo la libera espressione? No, credo che la conclusione sia che il problema non sono le piattaforme, il problema è che il mondo è pieno di persone cattive che credono in cose cattive. Ed è così indicativo della mentalità liberal insistere sul fatto che ci sia uno strano trucco per fermare l'estrema destra, come se si potesse premere un interruttore e spegnere il nazismo.
Casey Newton: Substack si trova a un bivio
Il 3 gennaio uno degli autori più conosciuti e seguiti di Substack, Casey Newton, tenutario della rinomata newsletter “The Platformer”, ha pubblicato un articolo intitolato “OpenAI’s news blues”, dedicato al tema delle intelligenze artificiali, ma aggiungendo in fondo una nota sulla questione “Substack e i nazisti” in cui affermava di stare considerando di abbandonare la piattaforma.
Il parere di Casey è particolarmente importante perché The Platformer ha oltre 170.000 iscritti, che si è guadagnati per la qualità delle notizie che pubblica e per essere spesso la prima a darle, e che per lo più sono persone che lavorano nel campo della tecnologia informatica, dei social, dei motori di ricerca, della comunicazione online e quindi anche della moderazione..
Il 5 gennaio lo ha espresso per esteso pubblicando “Why Substack is at a crossroads”:
Martedì scorso ho comunicato agli abbonati che stiamo valutando di abbandonare la piattaforma sulla base della recente dichiarazione dell'azienda di non voler demonetizzare o rimuovere gli account apertamente nazisti. Dopo l'articolo di Jonathan M. Katz di novembre su The Atlantic che indagava sull'estremismo sulla piattaforma, 247 autori di Substack hanno pubblicato una lettera aperta in cui chiedevano all'azienda di chiarire le sue politiche.
Pochi giorni dopo, il cofondatore di Substack Hamish McKenzie ha risposto in un post sul blog. Sebbene la piattaforma rimuova le pubblicazioni che si rivelano minacce credibili di violenza - un'asticella molto alta - Substack le lascerà in pace, ha dichiarato. "Non pensiamo che la censura (anche attraverso la demonetizzazione delle pubblicazioni) faccia sparire il problema, anzi lo peggiora", ha scritto. "Crediamo che sostenere i diritti individuali e le libertà civili, sottoponendo le idee a un discorso aperto, sia il modo migliore per privare le cattive idee del loro potere".
La prospettiva di McKenzie - che la luce del sole sia il miglior disinfettante e che la censura si ritorca contro di noi facendo apparire più attraenti le idee pericolose - è ragionevole per molte o addirittura per la maggior parte delle circostanze. È un punto di vista che informa le politiche di molte piattaforme tecnologiche più giovani e più piccole, sia per la vena tecno-libertaria che attraversa molti fondatori della Silicon Valley, sia per il fatto che un approccio alla moderazione dei contenuti che non preveda l'uso delle mani è più facile e meno costoso delle alternative.
[…]
Quando è stata fondata nel 2017, Substack ha offerto un'infrastruttura semplice ai singoli individui per creare e far crescere le proprie newsletter via mail. Fin dall'inizio ha promesso di non intervenire pesantemente sulla moderazione dei contenuti. E poiché offriva solo software, questo approccio ha attirato poche critiche. Se si scrive qualcosa di veramente orribile in Word, dopo tutto, nessuno incolpa Microsoft. Anche Substack ha beneficiato di questa distanza.
Col tempo, però, l'azienda si è evoluta. Ha iniziato a incoraggiare i singoli autori a raccomandarsi l'un l'altro, incanalando decine di migliaia di abbonati verso persone che la pensano allo stesso modo. Ha iniziato a inviare un digest di post potenzialmente interessanti a chiunque abbia un account Substack, mostrando nuove voci da tutta la rete. Nell'aprile di quest'anno, l'azienda ha lanciato Notes, un social network basato sul testo, simile a Twitter, che presenta i post in un feed classificato.
Nel 2023, in altre parole, Substack non poteva più affermare di essere la semplice infrastruttura di una volta. Era una piattaforma: una rete di utenti, promossa attraverso una serie di scelte e di ranking. Il fatto che monetizzasse attraverso abbonamenti piuttosto che con la pubblicità non cambiava il fatto che, proprio come i social network hanno talvolta offerto un sostegno inconsapevole agli estremisti, Substack rischiava di fare lo stesso.
E sotto un aspetto fondamentale, Substack è ancora più vulnerabile a queste critiche di quanto non lo fossero i social network. Gli estremisti su Facebook, Twitter e YouTube, per la maggior parte, postano per ottenere in cambio una certa visibilità e un certo peso: queste piattaforme hanno reso difficile o addirittura impossibile monetizzare il loro pubblico.
Su Substack, invece, gli estremisti possono postare per guadagnarci. Ora ci sono tutti i presupposti perché un estremista di Substack possa accrescere il proprio pubblico utilizzando i sistemi di raccomandazione della piattaforma e monetizzarlo tramite abbonamenti. E Substack, come fa con tutte le pubblicazioni, otterrà il 10% dei ricavi.
[…]
Il momento in cui una piattaforma inizia a raccomandare contenuti è quello in cui non può più affermare di essere un semplice software.
Naturalmente è estenuante - e costoso - dover controllare la propria piattaforma in questo modo. Alcuni utenti vogliono davvero censurare tutti coloro che non sono d'accordo con loro e fare pressioni per rimuovere tutti i loro avversari politici dalla piattaforma. Individuare i pericoli e i danni reali in un mare di segnalazioni degli utenti è un lavoro noioso e ingrato. E a prescindere dal modo in cui si sceglie di moderare i contenuti, si faranno arrabbiare almeno alcuni gruppi di utenti.
Allo stesso tempo, per il bene della vostra azienda, dovete tracciare una linea di demarcazione.
Alcuni di questi limiti sono piuttosto complicati: vietate tutte le nudità? E se una madre sta allattando?
Altre non lo sono. Fino a Substack, non ero a conoscenza di nessuna delle principali piattaforme Internet per i consumatori statunitensi che avesse dichiarato di non voler rimuovere o addirittura demonetizzare gli account dei nazisti. Anche in un mondo polarizzato, c'è un ampio consenso sul fatto che il massacro di 6 milioni di ebrei durante l'Olocausto sia stato un'atrocità. I nazisti non hanno commesso l'unica atrocità della storia, ma una piattaforma che rifiuta di rimuovere i loro sostenitori sta dicendo qualcosa di importante su di sé.
Se non rimuove i nazisti, perché dovremmo aspettarci che la piattaforma rimuova qualsiasi altro danno?
I nostri lettori lo capiscono. Nelle ultime due settimane, decine di abbonati a Platformer hanno cancellato la loro iscrizione. "Il motivo è semplice", ci ha scritto oggi uno di questi lettori. "Non voglio finanziare i nazisti. Mi disturba una leadership di Substack che guarda a contenuti apertamente filo-nazisti e dice: 'Non vi disinstalleremo. Anzi, ti monetizzeremo'".
Ma Casey non si è limitato a esporre il proprio parere, ha fatto propria la richiesta di Katz e ha anche cercato di esercitare pressioni su Substack perché l’accogliesse:
Negli ultimi giorni, il team di Platformer ha analizzato decine di Substack alla ricerca di contenuti pro-nazisti. All'inizio della settimana ho incontrato Substack per chiedere di rimuovere dalla rete i contenuti che inneggiano al nazismo. Nella tarda serata di oggi, abbiamo presentato un elenco di account che riteniamo violino le politiche esistenti dell'azienda contro l'incitamento alla violenza. Domani ho in programma un altro incontro con l'azienda.
E infine l’8 gennaio ha pubblicato “Substack says it will remove Nazi publications from the platform”, dando conto della risposta ricevuta da Substack:
Substack sta rimuovendo alcune pubblicazioni che esprimono sostegno al nazismo, ha dichiarato oggi l'azienda. Ha anche dichiarato che questo non rappresenta un'inversione di rotta rispetto alla sua precedente posizione, ma piuttosto il risultato di una riconsiderazione del modo in cui interpreta le sue politiche esistenti.
Come parte della mossa, l'azienda sta anche terminando gli account di diverse pubblicazioni che appoggiano l'ideologia nazista e che Platformer ha segnalato all'azienda per una revisione la scorsa settimana.
L'azienda non modificherà il testo della sua politica sui contenuti e la sua nuova interpretazione della politica non includerà la rimozione proattiva di contenuti legati ai neonazisti e all'estremismo di estrema destra. Tuttavia, Substack continuerà a rimuovere qualsiasi materiale che includa "minacce credibili di danni fisici".
In conclusione Casey chiude il suo pezzo lasciando intendere che i nazisti sono solo l’inizio (come prevedeva Freddie deBoer):
La rimozione delle pubblicazioni naziste da parte di Substack risolve il problema principale che avevamo individuato la settimana scorsa. Allo stesso tempo, come già detto, questo problema ha sollevato preoccupazioni che vanno oltre il piccolo gruppo di pubblicazioni che violano le linee guida esistenti dell'azienda.
Mentre pensiamo alle nostre prossime mosse, vogliamo sentire il vostro parere. Se vi siete cancellati da Platformer o da altre pubblicazioni per la questione del nazismo, la nuova posizione dell'azienda risolve le vostre preoccupazioni? O ci vorrebbe qualcosa di più? Se sì, cosa?
[Mentre esce questo articolo è arrivata la notizia che The Platformer lascerà Substack, qui potete leggere le motivazioni di Casey Newton].
Bretigne Shaffer: non avete capito niente del nazismo
Bretigne Shaffer è la figlia di Butler D. Shaffer, un grande libertario americano. Libertaria anche lei, non poteva che esprimere un punto di vista opposto a quello di chi sostiene la censura. Lo ha fatto l’1 gennaio con un articolo intitolato “Substac'k’s Nazi Problem” (uscito in italiano sul Miglioverde), che sostiene un punto di vista unico rispetto agli altri e a cui mi sento vicino (d’altronde questa è una newsletter dedicata a denunciare la censura e il controllo politico della discussione pubblica, e il sistema fascistoide costruito a questo scopo, con il supporto e il plauso dei liberal progressisti e dei sedicenti “antifascisti”).
Ecco cosa scrive Bretigne:
Ecco quindi il mio messaggio a Jonathan Katz e a tutti coloro che si preoccupano della libertà di alcune persone di esprimere opinioni nocive e offensive su Substack. Questo è il mio messaggio più sentito, e lo dico con tutto il rispetto e la buona volontà che riesco a raccogliere:
Andate all'inferno.
Il vostro piagnisteo moralista poteva essere tollerabile quattro anni fa. Ora non lo è più. Ed è sempre più difficile considerarlo il prodotto di un'innocente preoccupazione e del desiderio di avere comunità online rispettose e civili.
Cosa è appena successo? Facciamo un piccolo passo indietro. Abbiamo appena vissuto uno degli esempi più devastanti della storia umana recente del perché la censura non sia solo moralmente sbagliata, ma anche letteralmente mortale. Ecco El Gato Malo (bandito da Twitter nel gennaio del 2021, senza alcuna motivazione) che fa un ottimo lavoro per spiegare come lo Stato e i suoi compari siano stati in grado di costringere le aziende di social media a censurare il discorso sulle loro piattaforme:
"Le aziende private dovrebbero essere libere di fare le proprie scelte in merito ai discorsi consentiti, a cosa si può pubblicare, a cosa vogliono dare risalto, ecc.. Sono davvero convinto di questo e che qualsiasi altra strada o pratica porterebbe a un danno maggiore. È sempre molto peggio avere lo Stato che ti dice cosa puoi o non puoi dire, e un mercato libero aggirerà sempre le limitazioni create dai singoli attori al suo interno. È quello che fanno i mercati. È inevitabile come l'alba.
Ciò che rompe tutto questo e costringe tutti a mantenere comportamenti uniformi nelle decisioni di soppressione e censura è l'intervento dello Stato per garantire che i mercati non siano liberi e, in un mondo così intessuto di rigidità burocratiche come il nostro, non è necessario che questo intervento sia diretto. L’intervento statale può facilmente essere indiretto e infatti quella verso i social inizia a sembrare un'estorsione sponsorizzata dallo Stato.
Bella licenza della FCC che hai. Sarebbe davvero un peccato se la perdessi perché lasci parlare i nostri avversari politici.
Bella l'esenzione dalla sezione 230/antitrust e/o dalla pianificazione fiscale. Sarebbe un peccato se qualcuno la eliminasse, vi spaccasse in tanti pezzi e vi sottoponesse ad audit fino a quando non tornare all’ovile.
Ragazzi, è stata proprio una brutta manipolazione anticoncorrenziale del mercato quella che avete usato contro PARLER, ma ci gireremo dall'altra parte se farete il nostro gioco".
Come abbiamo appreso in seguito, sono stati gli attori governativi a dirigere gli sforzi censori fin dall'inizio.
E ancora:
Sapete quale numero invece è zero? Il numero di persone morte a causa delle parole offensive dei nazionalisti bianchi su Substack.
Prima che qualcuno intervenga sostenendo che molti milioni di persone sono state uccise a causa delle idee razziste che queste persone esprimono; no, non è così. Le persone uccise nell'Olocausto, nell'Holodomor, nel Grande balzo in avanti, nei campi di sterminio cambogiani, non sono state uccise a causa di pensieri o parole razziste di qualcuno. Non sono state uccise nemmeno dall'odio, non di per sé. Sono state uccise perché c'era un grande Stato centralizzato che aveva il potere di uccidere in massa. Se volete prevenire ulteriori genocidi e omicidi di massa, allora opponetevi a Stati potenti e centralizzati. Non ai perdenti pieni di odio sui social media.
Questo è fondamentale da capire. Perché in qualche modo, la maggior parte degli americani sembra essere uscita dalle lezioni di storia del governo avendo imparato che ciò che causa il genocidio e i crimini contro l'umanità ufficialmente sanzionati sarebbe l'odio, soprattutto l'odio razziale ed etnico. Non gli Stati massicciamente potenti con potere totale su coloro che vivono sotto di loro. Anzi, questi Stati massicciamente potenti possono fare molto bene all'umanità, se solo si mettono a capo di essi le persone giuste, affermano!
Katz di The Atlantic sembra aver preso a cuore questa lezione, e la sua condanna dei "nazisti" su Substack non è, sorprendentemente, una condanna di coloro che chiedono un matrimonio tra Stato e industria, o un potente Stato di sorveglianza, o i vicini che fanno la spia per non aver assecondato l'ultimo diktat. No, gli esempi di Katz riguardano esclusivamente il razzismo, e in particolare il nazionalismo bianco. (Anche se si lamenta - senza nemmeno un pizzico di ironia - della volontà della piattaforma di difendere "il diritto di chiunque di diffondere... teorie cospirative").
Confondere il "nazismo" con il razzismo è un errore facile da commettere: i nazionalsocialisti tedeschi potevano certamente annoverare il "razzismo" come una delle loro caratteristiche distintive. Ma credere che il razzismo sia ciò che ha reso pericoloso quel regime o che sia la cosa peggiore dei "nazisti" (di allora o di oggi) significa rivelare un profondo livello di ignoranza su ciò che è stato il nazionalsocialismo.
Ecco alcune cose che so sui nazisti e sul fascismo e che forse Jonathan Katz non sa:
Sostenevano con forza un "partenariato pubblico-privato", che in realtà è la pietra miliare dell'economia politica fascista;
Gli piace uccidere le persone in gran numero;
Amano eseguire esperimenti medici su soggetti non consenzienti;
Sono tutti a favore di un potere centralizzato (che è il modo in cui realizzano tutti gli altri obiettivi);
Usano campagne di paura per convincere le persone ad assecondare i loro piani;
Usano la paura per indurre le persone a odiare e attaccare gruppi di altre persone che vogliono demonizzare;
Usano anche tattiche come il bullismo, la vergogna, il pensiero di gruppo, l'ideologia collettivista e incoraggiano i vicini a rivoltarsi contro i vicini, i membri della famiglia contro i membri della stessa famiglia.
...e amano la censura. Non c'è niente che un buon nazista ami di più che avere il potere di dettare ciò che gli altri possono o non possono dire, ascoltare, leggere o scrivere.
Se nulla di tutto ciò vi suona come un campanello d'allarme a proposito dei sostenitori della "moderazione dei contenuti" che stanno leggendo questo articolo, suggerirò che questa è una parte molto importante del problema.
Una sana discussione pubblica
Come si vede si tratta di un dibattito in cui si affrontano opinioni e sensibilità diverse, ma anche interessi economici e decisioni di business.
Abbiamo visto Katz e una serie di autori di Substack affermare di essere scontenti delle scelte di moderazione di Substack e chiederne un cambiamento.
Abbiamo visto altri autori di Substack, compresi alcuni dei più “pesanti” in termini di numeri e valore economico e che hanno contribuito fin da subito alla crescita della piattaforma - come Bari Weiss - reagire chiedendo a Substack di non cambiarle.
E abbiamo visto da entrambi i lati autori minacciare di lasciare la piattaforma nel caso questa non dovesse accogliere le loro richieste.
Non solo: abbiamo visto anche che gli autori sono a loro volta messi sotto pressione dagli abbonati alle loro newsletter, che a loro volta possono decidere di abbandonare la piattaforma perché scontenti della sua linea di moderazione.
In tutto questo Substack ha risposto ribadendo il proprio punto di vista, ma anche cercando di andare incontro - compatibilmente con esso - alle richieste ricevute da chi vorrebbe deplatformare i “nazisti”.
Da un certo punto di vista non ho nulla da dire su questo “gioco delle parti”: è normale che in una società vi siano persone diverse con idee, sensibilità e interessi diversi, è normale vi siano dibattiti e anche forti scontri e che ciascuno tiri dalla sua parte, e ciascuno ha ovviamente diritto ad avere la sua sensibilità e le sue opinioni e a esprimerle e a fare le sue richieste.
Queste dinamiche sono normali, inevitabili e anche sane: la discussione pubblica è il cuore della democrazia e in generale - democrazia a parte - è necessaria alla convivenza civile fra persone diverse. Va benissimo che ciascuno possa esprimersi come meglio crede. Va benissimo che le diverse idee, convinzioni, sensibilità e interessi si affrontino.
Va benissimo finché parliamo di un contesto di libero mercato, di rispetto dei diritti di proprietà privata e senza interventi coercitivi dello Stato, vale a dire di un contesto di relazioni volontarie.
In questo contesto, una piattaforma ha tutto il diritto di compiere le proprie scelte e quando decide di non ospitare certi autori o contenuti non fa altro che scegliere per sé, senza poter imporre niente al di fuori dei propri diritti di proprietà e restando soggetta alle conseguenze delle sue scelte, ai meccanismi della domanda e dell'offerta, della concorrenza, al giudizio dell’opinione pubblica. Dopo tutto è solo lo Stato che può calpestare legalmente i diritti di proprietà imponendo le proprie decisioni a tutti gli attori in modo uniforme, solo lo Stato può quindi esercitare una vera e propria censura.
Se Substack non dovesse ospitare la mia newsletter potrei trovare un altro servizio disposto a farlo, e se non trovassi nessun servizio, potrei trovare un altro modo di comunicare le mie idee, e se anche non ne esistesse nessuno, si tratterebbe di una situazione di fatto che potrebbe cambiare con l’arrivo di nuove imprese e con l’offerta di nuovi servizi. Ma se lo Stato dovesse mettere “fuori legge” l’espressione delle mie opinioni, nessun servizio, media, etc.. potrebbe legalmente decidere di ospitarmi e pubblicarmi, né ora né mai.
Le mie considerazioni
Tuttavia mi chiedo:
Non si dovrebbe collocare la discussione nel contesto della realtà odierna?
Nel contesto odierno, in cui in tutto l’Occidente assistiamo a una politica che interviene nella moderazione dei social, togliendo le decisioni ai legittimi proprietari e al libero gioco delle parti e avocandole a sé - in primis in Europa con il Digital Service Act e Thierry Breton che si comporta come se potesse ordinare a ogni piattaforma di fare quello che vuole lui, trattando i legittimi proprietari come suoi sottoposti - le richieste di Jonathan Katz, di Casey Newton e di tanti altri, non diventano forse un endorsement a questo tipo di dirigismo, illiberale e anti democratico?
Le scelte di Substack, o di altre piattaforme come Rumble, Parler, Gab, Mewe, Odysee, etc.. non sono forse state prese anche in riferimento a questo quadro politico, come forma di resistenza a queste intromissioni, e per rispondere allo scontento che esse suscitano? Non vanno quindi valutate anche tenendo presente questo aspetto, e ritenute particolarmente preziose oggi, in quanto forma di difesa della libertà di espressione, della libera discussione pubblica, della democrazia?
Questo è un fatto ignorato da Katz e dagli altri, che discutono come se il quadro politico odierno non esistesse.
Inoltre nel cotesto corrente, come ha sottolineato Freddie DeBoer, i liberal tendono a espandere all’infinito la loro definizione di estremismo di destra. Chiunque non abbia vissuto sotto una pentola negli ultimi decenni, sa che l’abuso di accuse di razzismo, omofobia, transfobia, suprematismo bianco, fascismo, estremismo di destra è diventato la norma. Il significato di queste parole è stato snaturato, è stato spesso rivisto da una prospettiva neomarxista, e accuse di questo genere sono state rivolte in modo generalizzato e infondato, a cuor leggero, all’intera società, a milioni di persone, a tutti i bianchi, a tutti i maschi, a tutti gli etero, al capitalismo in sé e per sé, al liberalismo, alla cultura occidentale o semplicemente a chiunque non fosse un liberal progressista fanatico. Vista l’intolleranza, il fanatismo e l’aggressività dei liberal progressisti, considerando quella che in USA si chiama cancel culture (e che esiste eccome), aprire a “censuriamo i fascisti” vuol dire spalancare le porte dell’inferno. Anche in questo caso rifiutarsi di farlo ha un valore speciale: vuol dire opporsi al fanatismo dilagante. Mentre piegarsi vuol dire partecipare a questo “neo maccartismo”.
Ma ancora una volta Katz e gli altri ignorano la realtà.Non si dovrebbero considerare delle linee di moderazione coerenti piuttosto che ritagliate ad hoc sulle proprie preferenze politiche?
Non ho simpatie per il nazismo e l’estremismo di destra, ma non è certo l’unica forma di estremismo politico presente online e in generale nella società. Anzi l’estremismo di sinistra è molto più presente. Questo perché è molto più accettato. Perché dovremmo però censurare l’espressione di prospettive di estrema destra e permettere l’espressione di prospettive di estrema sinistra?
Su ogni piattaforma, Substack compreso, sono presenti estremisti di sinistra che propongono di ripensare la nostra società in senso anticapitalista, totalitario, collettivista, autoritario, che argomentano a favore di una serie di misure violente, come la cancellazione di gran parte dei diritti di proprietà, espropri di massa, dirigismo fascistoide, adozione di misure di pianificazione economica para sovietiche, etc.. misure violente e distruttive, che la logica e la storia dimostrano quanto possano devastare una società, ridurre le persone in miseria, rovinare vite e causare morte.
Anche se una piattaforma ha diritto di caratterizzarsi politicamente, per quanto mi riguarda, diventando una piattaforma di sinistra o di destra, se il problema sollevato è l’estremismo politico che supporta idee pericolose, violente e distruttive, ampiamente collegate storicamente a regimi totalitari e assassini, e che propone un revisionismo storico che rivaluta queste idee e questi regimi, perché non applicarla coerentemente a tutto lo spettro politico? Tra l’altro, ammesso e non concesso che questo tipo di squallido calcolo quantitativo sia un elemento decisivo, il record di morti dei regimi comunisti e affini è chiaramente superiore a quello dei regimi di destra.
Perché si ragiona come se tutti dovessero omologarsi alle stesse policy, quando esistono la concorrenza e la diversificazione?
Perché diverse piattaforme non possono semplicemente avere diverse linee di moderazione? In modo che diversi tipi di utenti e di esigenze possano trovare ciò che loro si confà, senza impedire che altri utenti e ad altre esigenze diversi possano fare altrettanto altrove.
Nel caso di Substack, questa piattaforma è nata esplicitamente per promuovere una cultura diversa, rispetto alla cancel culture e al fanatismo intollerante liberal progressista, e moltissimi autori, come ha sottolineato Griffin, hanno trovato in questa piattaforma con il suo approcci controcorrente un’oasi nel deserto, un luogo di discussione, di dialogo, di libertà intellettuale e anche di indipendenza giornalistica (vedi Greenwald, Taibbi, Fang, Weiss, Zweig, Maté, DeBoer, etc..).
Non ti piacciono le piattaforme con una linea di moderazione molto lasca? Vai altrove (cosa che in definitiva The Platformer ha scelto di fare). A tante altre persone piacciono e non si tratta certamente di nazisti nella stragrande maggioranza. Su Substack ci sono migliaia e migliaia di newsletter e Katz ne ha trovate 16 neonaziste.
Perché non tollerare semplicemente la presenza di punti di vista e di scelte diversi altrove, quando non vengono imposti a chi non li condivide? Perché andare attivamente a cercare con la lanterna ogni luogo dove si esprimono idee non condivise per farne un caso?
Sebbene difenda la libertà di espressione, compresa quella di esprimere pubblicamente le proprie idee sulla moderazione dei social e di organizzare campagne di opinione e anche boicottaggi per fare pressione sulle piattaforme perché le modifichino, mi è anche chiaro che queste pratiche ne attirano altre uguali e contrarie.
Ma come!? accettare di convivere con dei nazisti non mi mette terribilmente a disagio!? Non sento il bisogno di rimarcare il mio antinazismo?! Beh no.
Esistono persone di estrema destra e di estrema sinistra che esprimono idee pericolose, violente e distruttive. Non essendo io come loro, non penso che queste persone possano essere semplicemente rastrellate e liquidate. Penso che godano e debbano godere degli stessi diritti individuali di tutti gli altri (il che configura un contesto che è di per sé il contrario del nazismo e del comunismo). Penso di poterci in qualche modo convivere, finché gli sono riconosciuti i diritti che penso spettino a tutti e gli è impedito di violare concretamente quelli altrui.
E se posso tollerare che esistano, dovrò tollerare che esistano concretamente da qualche parte. Nella mia città, nel mio quartiere, nell'università che frequento, nell'azienda per cui lavoro, su internet, sui social, su Substack.. dopo tutto per vivere dovranno abitare da qualche parte, studiare, lavorare, fare la spesa, farsi degli amici, uscire a cena, avere una vita..
Difendendo la libertà di espressione, la proprietà privata, il libero mercato, sto già rimarcando il mio “anti nazismo”, al contrario di altri.Non c’è alcuna definizione condivisa di cosa sia “inaccettabile”
Da un punto di vista filo israeliano, le voci filo palestinesi o semplicemente critiche verso quanto sta fendo attualmente Israele sono tutte voci filo Hamas, che sostengono il terrorismo, il fondamentalismo islamico, l’antisemitismo, etc.. insomma voci quasi neonaziste.
Da un punto di vista filo palestinese o comunque critico verso quanto sta facendo Israele, è se mai vero il contrario: Israele sta compiendo crimini di guerra, forse portando avanti un genocidio, sterminando civili innocenti, è governato da fanatici suprematisti, che pur essendo ebrei, somigliano paradossalmente nel loro comportamento per certi versi ai nazisti.
Senza prendere qui una posizione specifica: deplatformare l’estremismo politico, il sostegno al terrorismo, alla violenza e allo sterminio di innocenti, per questi due gruppi ha un significato opposto. Quindi Substack dovrebbe deplatformare Aaron Maté e Glenn Greenwald? o Bari Weiss? o entrambi? o chiudere proprio i battenti, per non sbagliare?!
Dove altro dovrebbero stare i nazisti?
Posto che non si possono eliminare le idee con mezzi autoritari, o come scrive DeBoer “You cannot censor your way out of extremism”, se dei nazisti esistono dove dovrebbero stare?
Per quanto mi riguarda su Substack. Cioè su una piattaforma fondata sulla libertà di espressione e il rifiuto della censura, sulla tolleranza e la convivenza civile, su un ethos liberale, sul dialogo e la discussione, sulla libertà intellettuale e l’indipendenza del giornalismo.
Il nazismo, come il comunismo, come gran parte dei liberal progressisti odierni e come l’Europa di Thierry Breton e del DSA, rifiutava tutto questo. Durante il nazismo non c’era libertà di esprimere idee contrarie al regime, non c’era indipendenza dei media e del giornalismo, l’intolleranza era la norma e la libertà intellettuale era quanto mai repressa. La censura e la repressione del dissenso erano la norma, insieme alla propaganda continua, onnipresente e asfissiante e alla sottomissione di tutte le aziende private allo Stato e alle istituzioni politiche.Non c’è luogo migliore dove tenere i nazisti. Se devono esistere, possono stare qui. Qui dove le loro idee possono esistere insieme a quelle di tutti gli altri, che per la maggioranza sono opposte alle loro; qui dove le idee si possono confrontare e discutere, o dove si può semplicemente convivere pacificamente nella reciproca tolleranza. Ne ricavano da vivere? buon per loro. Stanno facendo esperienza di come in un contesto liberale persino dei “paria” possano trovare il loro posto e vivere tranquillamente del loro.
Cos’era il nazismo?
Come scrive Bretigne Shaffer, molto sembra dovuto al fatto che le persone non hanno capito cosa sia stato il nazismo e cosa gli abbia permesso di compiere i crimini che ha compiuto.
Quello che ho scritto altrove, parlando di fascismo, vale tutto sommato anche per nazismo. Vi è una errata comprensione di entrambi.Si è largamente diffusa un’idea di fascismo e di antifascismo del tutto balenga, fuori dalla realtà e dalla storia, proposta da intellettuali liberal e progressisti, che ci ha fatto smarrire completamente la strada.
Una perfetta rappresentante di tutto questo è stata Michela Murgia, autrice di “Istruzioni per diventare fascisti”, un libro che cattura perfettamente il problema.
Leggendolo si constata che i sedicenti antifascisti progressisti non riconoscono il fascismo nella costruzione di uno Stato sempre più invadente, interessato a irreggimentare la società e ad esercitare un controllo totale su di essa, calpestando le libertà individuali e la proprietà privata, o in un’economia corporativa e dirigista.
No, i progressisti ignorano il fascismo come sistema politico, istituzionale, legale, economico, etc.. e lo riducono a un mix di razzismo, omofobia, maschilismo e sessismo (che non sono nemmeno tratti unici e distintivi del fascismo). […]
Una volto ridotto il fascismo a razzismo, omofobia e sessismo, la libertà di espressione stessa diventa fascista e con essa la proprietà privata. La proprietà privata non è più intrinsecamente antifascista in quanto forma di decentramento e limitazione del potere statale, perché il fascismo non è più uno Stato, né un sistema politico: è un’opinione sui gay, i neri e le donne!
[…] In quanto spazio di libertà che consente di esprimere idee e tenere comportamenti non progressisti, e limitazione all’uso dello Stato per imporre le idee progressiste, ecco che in un perfetto ribaltamento della realtà, proprio in virtù dell’autodeterminazione che consente, la proprietà privata diventa intrinsecamente fascista!Il nazismo è centralizzazione del potere, è totalitarismo, è censura, è irreggimentazione della società e controllo totale, è “nulla al di fuori dello Stato”, è la soppressione dell’indipendenza degli individui e della società, comprese le imprese, è anticapitalismo, è pianificazione economica e dirigismo, è collettivismo, è esproprio, è negazione dei diritti di proprietà. Senza tutto questo non esiste un nazismo capace di mettere in piedi l’Olocausto, di perseguitare ebrei, rom, omosessuali, handicappati, etc.., di invadere l’Europa, o di compiere tutti i crimini che il nazismo ha compiuto.
Substack incarna l’opposto: è un’impresa privata che reagisce contro l’intolleranza che si è diffusa e contro l’allargamento del controllo politico sulla discussione pubblica e sulle infrastrutture su cui viaggia, come le piattaforme social e tech in generale, e difende la libertà d’espressione, il giornalismo indipendente (qui Taibbi ha pubblicato i Twitter Files e Hersh le sue inchieste su Nord Stream, tanto per fare due esempi al volo) la libera discussione, la possibilità di esprimere idee contro corrente e il dissenso.Si pensi a come recentemente in molti si sono lamentati - ipocritamente - della censura delle voci filo palestinesi: su Substack nessuna voce filopalestinese viene censurata, così come nessuna voce filoisraeliana. Lo stesso approccio che “protegge” i neonazisti, protegge tutti gli altri. Ma questo, gli stessi che si sono lamentati di quella censura, fanno fatica a notarlo (come il Manifesto che dà addosso a Substack, ma era uno di quelli che lamentava la censura delle voci palestinesi sui social e potrebbe notare che tale censura su Substack non c’è, sebbene alcune voci palestinesi o filopalestinesi siano considerate da molti come pro Hamas, antisemite e incitanti all’odio e alla violenza contro Israele e gli ebrei e potrebbero essere delle minacce molto più concrete nella realtà odierna).
Anche se in tutto questo trovano spazio delle sparute voci neonaziste - o comunisti o antisemiti o fanatici religiosi o vari tipi di discorsi estremi - questo non cambia niente. Substack, e le altre piattaforme o aziende tech costruite su simili presupposti, rappresentano l’opposto di questo estremismo politico, rappresentano la libertà imprenditoriale, la convivenza civile fra diversi, la tolleranza, e i benefici della proprietà privata, della concorrenza e della cooperazione nel libero mercato.
Invece, nel contesto politico odierno, sono se mai gli appelli ad uniformarsi e mettersi in riga di Jonathan Katz e Casey Newton a rappresentare - se proprio vogliamo misurare tutto su questo asse - un passo a favore di un sistema illiberale, sempre più centralizzato, dirigista, irreggimentato e intollerante.Il potere politico concreto dei neonazi di Substack è zero. Per lo più si tratta di poche pubblicazioni, con pochi iscritti e ben pochi guadagni, ma anche nei casi in cui dessero da vivere ai loro autori, la cosa finisce lì. Chi oggi in Occidente costruisce concretamente sistemi di censura, accentra il potere, implementa misure dirigiste, attacca la proprietà privata, sostiene continui interventi militari all'estero, etc.. sia pure sulla base di teorie e ideologie differenti, non sono certo loro.
Sono gli Stati occidentali, che in questo trovano il supporto non di sparute minoranze e pubblicazioni estremiste, ma dell'intero arco politico, della stampa mainstream, dei media, degli intellettuali, degli artisti, dello star system, etc.. (supporto che in un circolo vizioso ottengono anche tramite l'implementazione di quelle stesse misure di censura, accentramento e dirigismo) mentre aziende come Substack offrono piuttosto una forma di resistenza.
Perciò al contrario di Casey Newton e di Katz penso che meritino il nostro riconoscimento e il nostro supporto.