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INTRO - UNO SPACCATO DI REALTÀ
Ho scritto diversi articoli sul rapporto Durham non perché mi sia fissato con questa notizia, ma perché è una notizia che, come tante altre che avrei potuto prendere e usare nello stesso modo, permette di osservare uno spaccato della realtà molto interessante.
Il rapporto Durham rivela dei comportamenti gravi e scorretti da parte dell’FBI, che hanno interferito con le elezioni americane del 2016, contribuito a diffondere una enorme mole di disinformazione in modo persistente, condizionato l’amministrazione Trump, consolidato un racconto alterato della realtà - che non sarà certo corretto a distanza di anni perché è uscito questo rapporto - distrutto la fiducia nei media, portato alla ribalta la lotta alla disinformazione e contribuito a tutto ciò che è venuto dopo di allora.
Una delle mie “lamentele” è che sulla stampa italiana il rapporto non sia stato raccontato a dovere, al di là di chi ne ha parlato e di chi lo ha ignorato, di chi ne ha parlato in modo corretto e chi in modo “fantasioso”. Questo perché il punto centrale non è passato - e non passerà: il rapporto Durham dovrebbe portarci a rivedere e cambiare la nostra percezione del Russiagate, della presidenza Trump, dei rapporti tra Trump e i media, e di tutta una serie di discorsi e parole usate da Trump, perché prova che il racconto che è andato per la maggiore sui media era profondamente distorto.
Riguardo a quest’ultimo aspetto Jeff Gerth su Columbia Journalism Review ha pubblicato una lunga e dettagliata ricostruzione dei rapporti tra Trump e i media da cui emerge come abbiano avuto origine una serie di sue espressioni e comportamenti, come l’uso di “fake news”, la descrizione dei media mainstream come “nemici del popolo”, o quella di “Deep State”.
Viste nel loro contesto, ricondotte cioè alla realtà, e guardate con calma e a mente fredda, le espressioni, le parole e le azioni di Trump hanno spesso un senso comprensibile, anche se non per forza condivisibile, diverso da quello attribuitogli da chi lo odia o lo ama visceralmente.
Ma tornando all’FBI, avendo letto il rapporto e consultato una gran quantità di articoli, podcast, interviste e discussioni su di esso e da ultimo avendo seguito anche l’udienza di Durham alla Camera dei Deputati, posso dire che l’FBI ne esce piuttosto male.
E non solo: ne esce ancora peggio se si guarda al tutto nel contesto della storia di questa agenzia. Una lunga storia, ancora in corso, di scorrettezze, abusi, scandali e seguenti riforme che non hanno mai impedito l’emergere di nuovi scandali, abusi e scorrettezze.
Interessanti però non sono solo i contenuti del rapporto, ma anche le reazioni suscitate da esso. Conversando di questo con molte persone ho constatato che in tanti semplicemente rifiutano di “guardare nel cannocchiale”, forse per paura di “vedere le stelle”, e reagiscono liquidando come “complottismo” ogni discorso che gli faccia presente quanto emerso dal rapporto, nonostante l’accusa non abbia la minima base, non essendovi alcun “complottismo” nella lunga, dettagliata, documentata indagine del procuratore speciale John Durham.
Come mai questo rifiuto irrazionale? esiste forse in senso lato una sorta di "complottismo degli anti complottisti”?
E infine - forse la cosa più importante di tutte - tutta questa vicenda finisce per esemplificare perfettamente i limiti della narrazione corrente sulla disinformazione e su come affrontarla.
IL RAPPORTO DEL PROCURATORE SPECIALE JOHN DURHAM
Nel rapporto c’è esplicitamente scritto che l’indagine non doveva essere aperta:
Il rapporto dettaglia come l’FBI abbia aperto una indagine su un candidato presidente, poi diventato effettivamente presidente
senza avere i requisiti per aprirla
omettendo qualsiasi controllo e indagine preliminari sulle informazioni sulla cui base l’ha aperta,
nonostante sapesse che molte informazioni venivano dalla Campagna elettorale avversaria a questo candidato.
L'apertura dell’indagine Crossfire Hurricane è avvenuta precipitosamente dopo aver ricevuto informazioni di intelligence non valutate dall'Australia. È diventata una indagine completa trascurando le indagini preliminari: senza aver mai parlato con le persone che avevano fornito le informazioni, senza una revisione significativa dei database di intelligence dell’FBI stessa, senza cercare se vi fossero altre informazioni pertinenti presso altre entità di intelligence statunitensi e quindi senza esaminarle, senza intervistare i testimoni che sarebbero stati essenziali per comprendere le informazioni grezze ricevute, senza utilizzare alcuno degli strumenti analitici standard tipicamente impiegati dall'FBI nella valutazione dell'intelligence grezza. Quindi, sotto la direzione del vicedirettore Andrew McCabe, il vicedirettore aggiunto per il controspionaggio Peter Strzok aprì l’indagine Crossfire Hurricane in modo forzato e precipitoso.
E ancora:
Se l’FBI avesse condotto le indagini preliminari e per esempio fatto un controllo presso i propri analisti esperti di Russia o presso la CIA, l’NSA e il Dipartimento di Stato, avrebbe scoperto che nessuno di essi aveva informazioni sul coinvolgimento di Trump con funzionari della leadership russa o era a conoscenza di prove a riguardo. I registri dell'FBI preparati da Strzok stesso tra febbraio e marzo 2017 mostrano che, al momento dell'apertura dell’indagine, l'FBI non aveva informazioni che indicassero che in qualsiasi momento durante la campagna elettorale qualcuno della Campagna Trump fosse stato in contatto con funzionari dell'intelligence russa.
Nel rapporto c’è esplicitamente scritto che la Campagna Clinton e quella Trump sono state trattate diversamente, favorendo Clinton e sfavorendo Trump:
La velocità e il modo in cui l'FBI ha aperto e portato avanti l’indagine durante la stagione delle elezioni presidenziali sulla base di informazioni grezze, non analizzate e non corroborate, hanno rappresentato anche un notevole allontanamento da come aveva affrontato questioni precedenti, riguardanti possibili tentativi di interferenza elettorale straniera, ma mirati alla Campagna Clinton.
E ancora:
Nei diciotto mesi precedenti le elezioni del 2016, l’FBI si è trovato a valutare una serie di possibili indagini che avevano il potenziale di influenzare le elezioni. In ciascuno di questi casi, si è mossa con notevole cautela. Il report fa tre esempi riguardanti la Campagna Clinton: in un caso decise di fornire briefing difensivi a Clinton e ad altri funzionari o candidati che sembravano essere bersagli di interferenze straniere, in un altro caso ha chiuso un’indagine che coinvolgeva un suo informatore confidenziale che aveva dato un contributo improprio e forse illegale alla Campagna Clinton, e nel terzo hanno posto restrizioni alle investigazioni sulla Fondazione Clinton e la gestione dei suoi finanziamenti per i mesi precedenti le elezioni (le indagini sono andate avanti successivamente).
E ancora:
La disparità di trattamento da parte dell’FBI riguarda anche altre informazioni di intelligence: informazioni molto significative ricevute da una fonte straniera attendibile e che indicavano un piano della Campagna Clinton per diffamare Trump, collegandolo a Vladimir Putin, in modo da distogliere l'attenzione dal suo uso di un server di posta elettronica privato per scambiarsi materiale classificato (emailgate). A differenza dell'apertura da parte dell'FBI di un'indagine completa su membri sconosciuti della Campagna Trump, basata su informazioni grezze e non corroborate, in questa questione l'FBI non ha mai aperto alcun tipo di indagine, dato incarico a nessuno di procedere, impiegato personale analitico o prodotto un qualsiasi tipo di analisi di queste informazioni.
Nel rapporto c’è esplicitamente scritto che l’FBI ha ingannato la corte nel chiedere le autorizzazioni FISA, omettendo informazioni discolpanti sui soggetti che voleva intercettare:
Page fece dichiarazioni esplicite che confutavano le accuse contenute nel rapporto Steele, su una sua mancanza di qualsiasi relazione con Paul Manafort, ma l'FBI non seguì le piste investigative che ne conseguivano logicamente e non riferì agli avvocati del Dipartimento ciò che aveva trovato. Allo stesso modo, in varie registrazioni di Papadopoulos, fatte da diversi informatori dell’FBI, vi sono varie sue dichiarazioni discolpanti e anche queste non sono state portate all'attenzione degli avvocati del Dipartimento o della FISC.
Inoltre, le indagini di Durham hanno portato all'incriminazione e alla condanna di un avvocato dell’Ufficio del Consiglio Generale dell’FBI per aver intenzionalmente falsificato un documento che era materiale per l'esame da parte della corte FISC di una delle richieste FISA per indagare su Page.
Questi sono solo alcuni dei comportamenti gravi e scorretti che il rapporto documenta e dettaglia.
In conclusione però il rapporto finisce senza riforme né processi
Alla fine, nonostante tutto, però il rapporto non raccomanda nessuna particolare riforma dell’FBI, sostiene la bontà delle riforme fatte nel frattempo e che bisogna affidarsi al senso del dovere degli agenti e al loro rispetto per il giuramento prestato, che suona un po’ come accendere un cero alla Madonna. Scrive Durham:
La promulgazione di ulteriori norme e regolamenti da apprendere in ulteriori sessioni di formazione si rivelerebbe probabilmente un esercizio infruttuoso se i principi guida dell'FBI di "Fedeltà, Coraggio e Integrità" non sono incisi nei cuori e nelle menti di coloro che hanno giurato di adempiere alla missione dell'FBI di "Proteggere il popolo americano e difendere la Costituzione degli Stati Uniti".
E nessuno finirà a processo per gli abusi commessi. Non per nulla una delle domande più comuni dopo la pubblicazione del rapporto è stata proprio questa: se praticamente nulla dei materiali alla base dell'inchiesta era vero, e gran parte di essi era frutto di una menzogna volutamente architettata, come può questo non essere in qualche modo illegale? Come mai nessuno finisce a processo? Come mai nessuno paga?
Tra l’altro questo fatto è stato usato da diversi media per minimizzare i risultati dell’indagine di Durham, come se si trattasse di un “niente di fatto”. Quello che il rapporto ha documentato è grave e tutt’altro che un “niente di fatto”, ma la domanda “E allora dove sono i processi e le condanne?” è più che legittima.
UNA LUNGA STORIA DI SCANDALI, SCORRETTEZZE E ABUSI
Come direbbe Jovanotti “non mi basta mai, voglio di più”, e di scandali nella storia dell’FBI ce ne sono tanti, quanti ne si vuole.
Poco dopo la pubblicazione del rapporto Durham, l’FBI è stato coinvolto in un altro scandalo riguardante centinaia di migliaia di casi di ricerche nei database contenenti le informazioni raccolte tramite le intercettazioni FISA fatte senza rispettare la sezione 702, cioè le regole che disciplinano la possibilità di fare ricerche in questi database. Ecco cosa scrive Aaron Mackey della Electronic Frontier Foundation:
Un'ordinanza del tribunale di sorveglianza resa pubblica la scorsa settimana, che descrive in dettaglio le massicce violazioni della privacy degli americani da parte dell'FBI, sottolinea il motivo per cui il Congresso deve porre fine o modificare radicalmente il programma di spionaggio incostituzionale consentito dalla Sezione 702 del Foreign Intelligence Surveillance Act (FISA).
Il parere racconta come per anni l'FBI abbia avuto accesso illegalmente a un database contenente comunicazioni ottenute in base alla Sezione 702 e ad altre autorità FISA per oltre 278.000 volte, tra cui la ricerca di comunicazioni di persone arrestate durante proteste contro la violenza della polizia e di persone che hanno fatto donazioni a un candidato al Congresso. La Sezione 702 autorizza la sorveglianza delle comunicazioni tra persone all'estero. Ma quando una persona che si trova sul suolo americano è in contatto con uno di questi obiettivi di sorveglianza, la sua parte dello scambio rimane in un database e resta vulnerabile a queste ricerche dell'FBI senza mandato. Come si legge nel parere, "nonostante l'orientamento all'estero, la misura in cui le acquisizioni fatte sulla base della Sezione 702 coinvolgono persone statunitensi dovrebbe essere intesa, nel complesso, come sostanziale".
Inoltre l’FBI ha ammesso di comprare sul mercato dati che non sarebbe autorizzato a procurarsi da sé aggirando indirettamente il divieto: poiché la costituzione americana con il quarto emendamento chiarisce che un cittadino può essere oggetto di ricerche da parte della polizia solo se autorizzate da un mandato quando sia sospettato di un crimine e non in via preventiva per vedere se per caso non abbia commesso qualche crimine, le ricerche senza mandato e i mandati generalizzati sono incostituzionali, ma l'FBI e altre agenzie di intelligence hanno pensato bene di dare una interpretazione letterale del divieto, secondo la quale sebbene gli sia vietato di spiare direttamente i cittadini, gli sarebbe permesso invece di acquisire i loro dati comprandoli sul mercato, facendo indirettamente quello che gli è proibito fare direttamente.
Dell Cameron su Wired:
IL Federal Bureau of Investigation degli Stati Uniti ha ammesso per la prima volta di aver acquistato dati di localizzazione degli Stati Uniti invece di ottenere un mandato. Sebbene la pratica di acquistare i dati di localizzazione delle persone sia diventata sempre più comune da quando, quasi cinque anni fa, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha posto un freno alla capacità del governo di tracciare i telefoni degli americani senza mandato, l'FBI non aveva mai rivelato di aver effettuato tali acquisti.
E ancora:
Il Dipartimento di Sicurezza Nazionale, ad esempio, avrebbe acquistato le geolocalizzazioni di milioni di americani da aziende private di marketing. In quel caso, i dati provenivano da una serie di fonti ingannevolmente benevole, come giochi per cellulari e app meteorologiche. Oltre al governo federale, è noto che le autorità statali e locali hanno acquisito software che si alimentano con i dati di tracciamento dei cellulari.
E, come se non bastasse, l’FBI è stato travolto dalle polemiche sulle sue tecniche di “adescamento”, per la prassi di cercare di convincere una persona a commettere un crimine in tutti i modi e se questa ci sta, o persino se questa alla fine non ci sta, incriminarla. Quando è venuto fuori il caso di un adolescente con problemi mentali accusato di supportare l’ISIS, la cui accusa si erano procurati questo modo, molta gente si è comprensibilmente indignata. Si tratta in sostanza di crimini costruiti da zero dall'FBI stessa, che vi coinvolge poi persone che altrimenti non avrebbero fatto niente e alla fine le incrimina persino se alla fine si tirano indietro o denunciano il crimine.
Murtaza Hussein su The Intercept:
La settimana scorsa, il Dipartimento di Giustizia ha annunciato l'arresto di un adolescente del Massachusetts con l'accusa di aver fornito sostegno finanziario al gruppo dello Stato Islamico.
Una raffica di notizie ha dato risalto all'arresto di Mateo Ventura, un diciottenne residente nella sonnolenta cittadina di Wakefield, facendo eco alle dichiarazioni del governo secondo cui un finanziatore del terrorismo internazionale e sostenitore dell'ISIS sarebbe stato appena arrestato negli Stati Uniti. Anche il comunicato stampa del Dipartimento di Giustizia sul caso ha strombazzato l'arresto di Ventura per aver "consapevolmente occultato la fonte di supporto materiale o di risorse che intendeva destinare a un'organizzazione terroristica straniera".
L'unico problema del caso e di come è stato descritto, tuttavia, è che secondo la stessa denuncia penale del governo, Ventura non ha mai finanziato alcun gruppo terroristico. L'unico "terrorista" con cui è accusato di essere entrato in contatto è stato un agente dell'FBI sotto copertura che ha stretto amicizia con lui online quando aveva 16 anni, gli ha chiesto piccole donazioni in denaro sotto forma di carte regalo e gli ha ordinato di non dire a nessun altro della loro intima relazione online, compresa la sua famiglia.
Contrariamente alla narrazione sensazionale data in pasto ai media sul finanziamento del terrorismo negli Stati Uniti, i documenti di accusa mostrano che Ventura ha dato a un agente dell'FBI sotto copertura carte regalo per somme di denaro pietosamente piccole, a volte con incrementi di 25 dollari. Nel suo primo tentativo di recarsi nello Stato Islamico, l'adolescente si è rifiutato - inventando una scusa, secondo il racconto dell'FBI, per spiegare perché non voleva andare. Quando si è presentata un'altra opportunità di viaggiare all'estero, Ventura si è nuovamente rifiutato, rimanendo a casa la sera del presunto volo invece di recarsi all'aeroporto. Quando l'indagine stava per concludersi, sembrava pronto a consegnare all'FBI il suo presunto contatto con l'ISIS, un agente dell'FBI.
Ma questi ultimi scandali non sono che le più recenti aggiunte a una lunghissima storia di scandali precedenti, che sarebbe davvero troppo lungo provare ad elencare.
Già sotto la direzione di J. Edgar Hoover l’FBI ad esempio spiava e ricattava gli omosessuali esercitando un potere “occulto” per influenzare le scelte dell’amministrazione eletta. Una cosa che probabilmente poté accadere solo perché nessuno li aveva informati che i complotti, gli intrighi dietro le quinte, il Deep State, e le interferenze delle agenzie di intelligence con la democrazia, non esistono e sono solo deliri trumpiani.
Ecco cosa scrive in proposito Ron Capshaw su National Review:
Secondo lo storico della Penn State Doug Charles nel suo libro "Hoover's War on Gays: Exposing the FBI "Sex Deviates" Program", questa iniziativa fu il lancio di una massiccia campagna contro gli omosessuali da parte del Bureau. Negli anni '70, l'FBI aveva raccolto 360.000 dossier su gay e lesbiche del governo federale. Le date e i luoghi dei loro "atti" erano inclusi nei file. Dai rapporti di polizia e dalle "denunce individuali", gli agenti raccoglievano i nomi di questi "inadatti", "instabili", "rischi per la sicurezza".
Hoover raccoglieva informazioni sui presidenti, naturalmente, ma anche sulla loro cerchia di aiutanti e consiglieri. Esercitava un notevole potere nell'annullare le nomine federali. Un caso emblematico è quello di Arthur Vandenburg Jr. che il presidente Dwight Eisenhower aveva assunto come segretario alle nomine, ma che cambiò idea dopo aver incontrato Hoover e aver visionato i fascicoli.
Morale della favola?
Tutte le regole che il rapporto Durham e il successivo scandalo sulle intercettazioni FISA mostrano essere state infrante, ad esempio, derivavano da riforme introdotte dopo altri precedenti scandali.
La violazione delle modalità di ricerca consentite nei database FISA, rappresenta una infrazione delle regole fissate dalla sezione 702 del Foreign Intelligence Surveillance Act, che fu introdotta quando nel 2005 emerse un programma di spionaggio illegale dei cittadini americani autorizzato da Bush dopo l'undici settembre, per sanare la situazione e imporre dei limiti.
L'intero Foreign Intelligence Surveillance Act, ancora prima di essere emendato con la sezione 702, aveva avuto origine nel 1978 per arginare il dilagante spionaggio politico illegale scoperto durante l'amministrazione di Richard Nixon (deriva in parole povere dal Watergate).
Insomma tutti questi atti rappresentavano dei tentativi di riformare l’FBI perché non commettesse più una serie di abusi, che invece ha continuato a commettere.
UNA SERIE DI SFORTUNATI EVENTI?
Alla luce di questo, non c’è nulla di complottista o irragionevole nel dire che l’FBI spesso:
agisce in modo illegale,
non rispetta, aggira o elude le regole
agisce in modo opaco e poco trasparente
interferisce con i processi democratici
e quando si scopre qualche comportamento illegale e scorretto spesso nessuno paga
È una mera descrizione fattuale.
Nel mondo degli unicorni e degli arcobaleni e nelle conclusioni del rapporto Durham, le organizzazioni statali e i loro dipendenti vivono per l’interesse pubblico, per servire i cittadini e onorare i loro giuramenti e i principi di “Fedeltà, coraggio e integrità”, ma nel mondo reale non è sempre così.
Non c’è nulla di così strano nel pensare che l’FBI e i suoi agenti possano agire per seguire quelli che ritengono i propri interessi, usando i mezzi che hanno a disposizione.
Non si tratta poi per forza di interessi egocentrici o meschini: un dirigente potrebbe ritenere importante riuscire a farsi assegnare un maggiore budget, più risorse o più potere con le migliori intenzioni, pensando di agire nell’interesse pubblico. O potrebbe violare le regole procedurali per procedere più in fretta in un’indagine che ritiene particolarmente urgente. La parola interesse non deve per forza far pensare a qualcosa di sporco.
Le persone e le organizzazioni hanno interessi e obbiettivi, e agiscono razionalmente per raggiungerli, vale per organizzazioni e persone che operano nel mercato, e vale per organizzazioni e persone che operano in nella burocrazia e nella politica, non iniziano ad agire in modo disinteressato, diversamente da come fanno altrove, per magia quando entrano in questi ambiti.
Quando dal rapporto Durham emerge che la Campagna Clinton ha ricevuto in trattamento di favore rispetto a quella Trump, noi non sappiamo esattamente come siano andate le cose e perché, ma possiamo fare delle ipotesi:
forse è accaduto per caso, forse tanti fattori diversi hanno portato a questo risultato senza che fosse quello a cui qualcuno puntava consapevolmente, forse ha pesato l’avversione di Strzok per Trump, forse hanno pesato i suoi discorsi critici verso la NATO e favorevoli al mantenimento di un buon rapporto con Putin che hanno preoccupato l’intelligence, forse l’influenza dei contatti dei Clinton, o la pressione mediatica, o forse è stato un implicito allinearsi di interessi tra Clinton, FBI e media mainstream, o un grande intrigo, o un mix indefinibile di tutte queste cose..
Ad ogni modo la prova definitiva, un documento intitolato “Piano segreto contro Trump”, firmato da Hillary Clinton, Andrew McCabe e Peter Strzok non l’avremo mai.
Ma ciascuno può valutare se sia così assurda l’ipotesi che l’apertura di un’indagine senza gli elementi per aprirla, il trattamento di “sfavore” riservato a Trump, le scorrettezze nelle richieste FISA, l’uso spregiudicato del Dossier Steele pur sapendo che veniva dalla Campagna Clinton, etc.. ad opera di un’organizzazione come l’FBI, non siano accaduti per caso, ma con intenzione. Se questa ipotesi meriti di essere aprioristicamente derubricata a complottismo, e se invece l’alternativa, che tutto sia avvenuto per caso, senza che nessuno volesse, capisse, sapesse e si assumesse una responsabilità decisionale, sia tanto più plausibile.
Se poi fosse così cosa dovremmo pensare di un FBI così fuori controllo, così poco consapevole di quello che fa, e che in questa condizione produce simili risultati? Peggio ancora!
Perché è così difficile credere che l’FBI possa cercare di favorire un candidato rispetto ad un altro?
Abbiamo visto in una miriade di casi che all’FBI il rispetto dei limiti posti dalla legge (e dalla Costituzione) è “saltuario”, che agli agenti capita spesso di agire in modo spregiudicato, di svolgere la propria attività e inseguire i propri obbiettivi violando le procedure e le regole, che il loro operato è opaco (se fossero trasparenti non potrebbero compiere tutte queste violazioni), che sono abituati a non essere severamente puniti per questo modo di fare, che sono abituati a giocare con la verità e la menzogna, che possono arrivare persino a falsificare dei documenti..
E abbiamo constatato che hanno avuto il coraggio di gestire in questo modo spregiudicato e scorretto persino un’indagine su un candidato presidente, poi presidente in carica.
A VOLTE BISOGNA GUARDARSI ALLO SPECCHIO
Quando penso a un complottista penso a qualcuno che, certo, sostiene l'esistenza di un complotto, ma anche in senso lato a qualcuno che ragiona in modo irrazionale, facendo collegamenti azzardati, affermazioni non documentate e la cui fede nella sua teoria lo porta a rispondere in modo sfuggente, sempre citando nuovi fatti o indizi di fronte a quelli che gli vengono portati, nel perenne rifiuto di accettare che la sua ipotesi non stia in piedi o sia solo una ipotesi e non una certezza che ci viene nascosta.
Pensando a questo a me pare che i complottisti siano coloro che pur di rifiutare ostinatamente di riconoscere ciò che hanno davanti agli occhi, preferiscono inventare le più implausibili spiegazioni alternative o addirittura negare i fatti tout court.
D’altronde se si ammettono i fatti - l’indagine che non doveva essere aperta, il diverso trattamento riservato a Clinton e Trump, le forzature nel chiedere le autorizzazioni FISA, la mancanza di controlli sulle informazioni ricevute dalla Campagna Clinton, etc.. - diventa difficile minimizzarli e liquidarli con un’alzata di spalle, e diventa difficile definire “complottista” affermare che l’FBI spesso agisce in modo illegale, non rispetta, aggira o elude le regole, agisce in modo opaco e poco trasparente, interferisce con i processi democratici e che quando si scopre qualche comportamento illegale e scorretto facilmente nessuno paga.
Si tratta di una reazione irrazionale. Da cosa dipende?
È difficile pensare che le persone che reagiscono in questo modo lo facciano semplicemente perché gli mancano le informazioni per giudicare meglio. Se fosse così basterebbe dare loro le informazioni. Eppure anche citando loro i passaggi precisi del rapporto Durham, o documenti precisi sugli altri scandali, queste persone vanno avanti senza cambiare di una virgola la loro opinione. Anzi, nella mia esperienza, si arrabbiano. Rispondono citando i rettiliani, il pizzagate, il 6 gennaio, o qualsiasi altra cosa che non c’entra.
E allora, più verosimilmente questa reazione esemplifica una loro difficoltà ad accettare i fatti accaduti, perché accettandoli diventerebbe difficile non trarne le stesse ragionevoli conclusioni di chiunque altro.
La spiegazione che mi sono dato è questa: quando uno fa questo genere di discorsi viene preso per un trumpiano - nel mio caso a maggior ragione perché uso come esempio il rapporto Durham, e questo fa scattare in loro un rifiuto totale.
Siccome Trump ha più volte fatto riferimento a un Deep State che complotterebbe contro di lui, allora questo tipo di discorso è diventato tabù.
In realtà Trump ha fatto riferimento e reso popolare un termine già presente da prima e che, fatto salvo che mantiene una certa ambiguità e può alludere a cose diverse, più o meno sensate, potrebbe essere molto meno assurdo, complottista e paranoico di quanto sembri, anzi potrebbe essere quasi banale, indicando semplicemente gli apparati e le burocrazie statali con i loro interessi e i loro poteri, e le pressioni che esercitano sui politici, sull’amministrazione e sul presidente eletti.
Spesso si parla di tribalismo, di come le persone assumano posizioni palesemente faziose per appartenenza politica, di come siano disposte ad arrampicarsi sugli specchi, a fare ragionamenti contorti, a presentare argomenti capziosi, pur di sostenere le ragioni della parte con cui si identificano contro quella avversaria.
Una volta Trump ha detto che avrebbe potuto sparare a qualcuno per strada e i suoi sostenitori lo avrebbero comunque votato. E probabilmente non aveva tutti i torti.
Il senso di appartenenza, il senso di essere in lotta contro un nemico comune, il senso di dover assolutamente vincere a tutti i costi, fanno passare tutto il resto in secondo piano.
L'amore e l'odio, la paura e la rabbia, sono qualcosa di profondo e potente che supera la fredda razionalità e può portare a fare cose straordinarie.. come sostenere le più evidenti e deliranti assurdità in politica.
Tipo quelli che in Italia, in uno dei momenti più surreali dell’ultimo mezzo secolo, quasi credettero veramente che Ruby Rubacuori potesse essere la nipote di Mubarak.
Gli avversari di Trump tendono ad ascrivere questo atteggiamento solo ai trumpiani, ma è un atteggiamento che può appartenere a chiunque, e che per restare negli USA abbiamo visto ampiamente dispiegato sia pro che contro Trump.
Trump è un grande polarizzatore, che ha esacerbato questo tipo di mentalità e di comportamento. Alcuni dei suoi avversari ne sono partecipi tanto quanto alcuni dei suoi sostenitori.
I LIMITI DELLA NARRAZIONE CORRENTE SULLA DISINFORMAZIONE E SU COME AFFRONTARLA
In questi anni si è diffuso un vocabolario che prima non esisteva o era raramente usato: fake news (come Trump iniziò a chiamare sistematicamente i media dopo la pubblicazione del Rapporto Steele), disinformazione, lotta alla disinformazione, etc..
Sono tutti termini che sono stati per lo più usati dalla sinistra contro la destra. E a sinistra c'è un po' l'idea che siano termini che riguardano principalmente i loro avversari.. è a destra che sono ignoranti e irrazionali, che credono nelle teorie del complotto, che prendono per vere le fake news e le rilanciano diffondendo disinformazione, che rifiutano la scienza, qetc..
Ma il rapporto Durham dimostra che le cose non stanno proprio così.
Le notizie false in questo caso sono state diffuse dai Democratici, hanno trovato sponda in tutti media mainstream, i dubbi sono stati cancellati, le verifiche sono state omesse, tutto è stato gonfiato e sparato in modo allarmista, si è indugiato sui dettagli più scabrosi, si sono lanciate le accuse più pesanti senza poterle dimostrare, la Campagna Clinton ha gestito una vera e propria campagna di disinformazione, passando notizie false ai media e all’FBI, l’FBI era stato avvertito dalla CIA dell’esistenza di un piano della Campagna Clinton per coinvolgere Trump in accuse di collusione con la Russia, eppure ha accettato le informazioni come valide senza verifiche, etc.. tutti gli attori che di solito ci mettono in guardia dai pericoli della disinformazione e delle fake news per la democrazia, hanno diffuso disinformazione e fake news interferendo con la democrazia.
Se questa storia è così importante è per questo: perché mostra i limiti e la falsità della narrazione corrente sulla disinformazione e su come affrontarla. Ci mostra che può venire da sinistra come da destra, dalle nostre stesse istituzioni e non solo dai russi, che può coinvolgere tutti quei grandi media che si presentano come l’alternativa attendibile e sicura al giornalismo indipendente e alla libera discussione, e che quando accade tutti questi attori non sono poi capaci di fare i conti con quanto successo, non sono capaci di riformarsi, di diventare trasparenti, di chiedere scusa, di ammettere gli errori, e di correggere i danni fatti.
Il rapporto Durham, così come tante altre notizie - i Twitter Files, le vicende di Hamilton 68, i Lockdown Files, e mille altre - non porterà le persone a cambiare a riconsiderare le proprie certezze, a tornare sulle proprie convinzioni e cambiarle, anche perché non porterà a una discussione pubblica di questo tipo, e questo anche perché coloro che avrebbero la possibilità introdurre nella discussione pubblica tutto questo, cioè i media, non lo fanno.